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Missa Alma Redemptoris Mater: il contrappunto modulare di Pierre Moulu rivive nel suono vibrante del Brabant Ensemble

La Missa Alma Redemptoris Mater di Pierre Moulu è un’opera ingegnosa che sfida le convenzioni della polifonia rinascimentale grazie alla sua struttura progettata per essere eseguita in due versioni distinte: una con pause superiori alla semibreve (versione "lunga") e una senza (versione "breve"). Questa peculiarità tecnica, rarissima nel repertorio dell’epoca, riflette non solo la maestria contrappuntistica di Moulu, ma anche una visione flessibile della musica sacra, adattabile a diversi contesti liturgici o cerimoniali.  


Pierre Moulu (1484? – c. 1550), compositore franco-fiammingo attivo nella Francia del primo Cinquecento, incarna il fascino e l’oscurità di un’epoca in cui la musica fioriva tra corti e cattedrali, lasciando spesso tracce labili delle vite dei suoi protagonisti. Nonostante la scarsità di documenti biografici, la sua eredità musicale, riscoperta solo recentemente, rivela un artista di grande raffinatezza, fondendo la lezione di Josquin Desprez con le innovazioni della scuola franco-fiamminga.  

Le notizie sulla vita del compositore sono frammentarie. Fonti vaticane attestano un "Petrus Moulu" attivo come chierico presso la cattedrale di Meaux, a est di Parigi, dove potrebbe aver composto la Missa Stephane gloriose in onore di Santo Stefano. La sua presenza nella cappella reale francese è suggerita da opere come il mottetto Anxiatus est in me spiritus meus, composto per la morte della regina Anna di Bretagna, modellato sulla Déploration sur la mort d'Ockeghem di Josquin. Questi indizi collocano Moulu nel cuore della vita musicale dell’epoca, sebbene il suo nome rimanga assente dalle cronache più celebri; un destino il suo condiviso con molti suoi contemporanei, anche tra i più noti.

Tuttavia, a differenza di altri, Moulu ebbe una certa fortuna presso i suoi coevi, come dimostra l’ampia diffusione delle sue opere in manoscritti e stampe, giunte fino a noi. Le sue composizioni non sfuggirono nemmeno all’attenzione dei primi studiosi di musicologia, che, a partire dalla fine dell’Ottocento, iniziarono a riscoprire il repertorio sacro del Rinascimento. Nonostante ciò, le sue musiche sono state raramente eseguite in tempi moderni.

Moulu incarna lo stile della generazione post-Josquin, caratterizzato da un contrappunto fluido e da un uso pervasivo dell’imitazione, tipico di autori come Nicolas Gombert. La sua produzione include cinque messe, mottetti e chansons, spesso attribuiti con incertezza ad altri compositori come Jean Mouton. Notevole il mottetto Mater floreat, capolavoro spesso trascurato, celebrato oggi come un manifesto della cultura musicale rinascimentale. Il testo, un’ode alla musica e ai suoi maestri, elenca una "hall of fame" di compositori, da Guillaume Dufay a Josquin Desprez, passando per Antoine Busnois e Jacob Obrecht. L’elenco di compositori non è casuale, questo procede cronologicamente, culminando con Josquin, quasi a sancirne l’apice artistico. Questa scelta riflette sia la venerazione di Moulu per i predecessori, sia una coscienza storica della tradizione musicale. Conservato nel Medici Codex (manoscritto donato a Lorenzo de’ Medici nel 1518), il brano testimonia i legami tra le corti italiane e i compositori nordici, chiave per la diffusione dello stile fiammingo in Europa.  

Fino al 2010, l’opera di Moulu era confinata agli studi accademici. La registrazione, per Hyperion, della Missa Alma Redemptoris da parte del Brabant Ensemble diretto da Stephen Rice, ha segnato una svolta, rivelando la profondità emotiva e la complessità strutturale delle sue composizioni. Il mottetto Mater floreat, incluso nel CD, è oggi considerato un’opera chiave per comprendere il dialogo tra musica sacra e cultura umanistica.  

Moulu ha sfruttato il principio della proporzionalità, tipico della notazione rinascimentale, per creare due strutture ritmiche coesistenti. Le pause non sono mere aggiunte decorative, ma elementi calcolati per mantenere l’equilibrio tra le voci in entrambe le versioni. Nelle note di copertina, Stephen Rice illustra con chiarezza le modalità d’uso liturgico delle due versioni, offrendo così una preziosa chiave di lettura su un aspetto ancora poco esplorato del repertorio sacro cinquecentesco. La genialità di Moulu in sostanza è proprio quella di aver anticipato le esigenze pratiche dei musicisti: una stessa composizione poteva servire sia per una messa festiva che per una ordinaria, senza richiedere riscritture. Come dicevo, un classico esempio di contrappunto modulare.  

Il suono vibrante del Brabant Ensemble riporta così alla luce un altro grande maestro dimenticato del Rinascimento musicale di cui si conosce sorprendentemente poco. L’intensità dell’interpretazione, unita a una qualità sonora impeccabile, rende questa registrazione non solo un documento fondamentale per gli studiosi, ma anche un’esperienza d’ascolto profondamente toccante. È l’occasione per riscoprire la voce limpida e ispirata di un compositore che, pur nel silenzio delle fonti biografiche, lascia parlare con forza la propria musica. La registrazione si completa con la Missa Missus est Gabriel angelus, una messa-parodia basata sull’omonimo mottetto di Josquin Desprez - anch’esso incluso nel disco - e da due mottetti dai caratteri fortemente contrastanti.

Pierre Moulu, oscuro ai suoi tempi quanto ai nostri, merita di essere riscoperto non solo come epigono di Josquin, ma come innovatore audace. La sua capacità di fondere rigore formale e espressività, lo colloca tra i massimi interpreti di un’epoca in cui la polifonia divenne linguaggio universale. Da quanto si può evincere, la Missa Alma Redemptoris Mater non è solo un capolavoro di devozione, ma un esperimento audace di ingegneria musicale. 

Il compositore franco-fiammingo dimostra che la polifonia rinascimentale non è un linguaggio rigido, ma un sistema flessibile, capace di adattarsi al genio del compositore. Come scrive Rice, «questa messa è un labirinto risolto in due modi diversi: ogni percorso rivela una bellezza unica. Moulu ci ricorda inoltre che la grandezza della musica rinascimentale risiede anche nelle voci dimenticate, pronte a parlare di nuovo».  

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