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Kyries Tenebrarum: tra canto piano e polifonia, il dialogo tra il Portogallo del primo Cinquecento e la Napoli aragonese

Nell'ambito di "Tengo Genio", manifestazione organizzata dalla Fondazione Pietà dei Turchini di Napoli, in programma a giugno i Kyries tenebrarum, una delle opere polifoniche più antiche associate alla Cappella Reale Portoghese, risalenti all’inizio del XVI secolo. Interpreti l’Ensemble Arte Minima, diretto da Pedro Sousa Silva, il Consort di Silvia Cortini e Carlos Sánchez e la Schola Gregoriana, guidata da Lanfranco Menga. 

La stagione 2024-2025 della Fondazione Pietà de' Turchini dal titolo "Tengo Genio", offre sempre eventi musicali di rara intensità; un ricco calendario che ha l'obiettivo di celebrare la genialità storica ma anche l'innovazione contemporanea: i Kyries Tenebrarum, in programma a giugno presso la Chiesa di Santa Caterina da Siena a Napoli, ne sono una prova lampante. Il concerto si propone come un viaggio sonoro tra il Portogallo del primo Cinquecento e la Napoli aragonese, esplorando il dialogo tra canto gregoriano e polifonia, che celebra non solo l’intreccio storico tra le due culture, ma anche, svelandola, l’eredità musicale iberica nel Mediterraneo rinascimentale. 

Il concerto, integrato con opere di compositori iberici attivi tra XV e XVI secolo, evidenzia di fatto il ruolo di Napoli come crocevia culturale. L’Ensemble Arte Minima e la Schola Gregoriana della Pietà de’ Turchini guideranno l’ascoltatore attraverso un repertorio sacro e profano, culminante proprio nei Kyries Tenebrarum, opera emblematica della Cappella Reale Portoghese, oggi conservata a Napoli. 

I Kyries tenebrarum, sono una delle opere polifoniche più antiche associate alla Cappella Reale Portoghese, risalenti all’inizio del XVI secolo. Attualmente conservata presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, rappresentano una testimonianza unica della tradizione musicale e liturgica portoghese della fine del Medioevo e dell’inizio del Rinascimento. Questa composizione anonima è legata alla liturgia del Triduo Pasquale, in particolare all’Ufficio delle Tenebre. Questa pratica svolgeva un ruolo cruciale nel contesto della Passione di Cristo, simboleggiando il lutto e la meditazione sugli eventi che portarono alla crocifissione.

Il manoscritto, giunto a Napoli attraverso l’Infanta Maria di Portogallo (1521-1577), principessa di Parma e figlia di re Manuele I, testimonia i legami dinastici tra le corti iberiche e italiane (Biblioteca Nazionale di Napoli, Ms. VI E 40). Come sottolinea Michael Noone, la migrazione di codici musicali tra Portogallo e Italia riflette una rete di scambi culturali alimentata da alleanze politiche e matrimoniali (Manuscripts and Their Transmission, 2012).  

I Kyries Tenebrarum alternano sezioni monodiche, eseguite dalla Schola Gregoriana, a passaggi polifonici a quattro voci. Il canto gregoriano, nel quarto modo (ipofrigio), incarna l’austerità della liturgia pasquale, con invocazioni come Kyrie eleison che seguono una linea melodica essenziale. La polifonia dell’Ensemble Arte Minima trasfigura questo materiale attraverso la tecnica della parafrasi, frammentando il cantus firmus in motivi distribuiti tra le voci, come osservato da Owen Rees (Polyphony in Portugal, 2008). Tale approccio crea un contrasto drammatico tra la staticità meditativa del gregoriano e la fluidità contrappuntistica, simboleggiando il dualismo teologico tra lutto e speranza nella Passione.  

Prima dei Kyries Tenebrarum, il programma prenderà il via con Juan de Urrede (Johannes Wreede, ca. 1430–1482) con Il villancico Nunca fue pena mayor, esempio di musica profana, risuona qui in dialogo con il sacro. La sua struttura strofica e il ritmo vivace, tipici della tradizione cortigiana castigliana, riflettono l’influenza fiamminga mediata dalla penisola iberica (Stevenson, Spanish Music in the Age of Columbus, 1985).  

A seguire Pedro de Escobar (ca. 1465–1535) con lo Stabat Mater a quattro voci, tra i primi esempi polifonici del testo, unisce pathos devozionale a un contrappunto sobrio, mentre Clamabat autem mulier evidenzia la maestria nell’elaborazione tematica. 

Sarà poi la volta di Juan de Cornago (fl. 1453–1475), attivo alla corte aragonese di Napoli, Cornago, il compositore rappresenta il legame diretto con la città. Donde stas que non te veo, romance di tema amoroso, e Moro perche non dai fede, di ispirazione popolareggiante, mostrano la permeabilità tra sacro e profano (Kreitner, The Church Music of Fifteenth-Century Spain, 2004). Infine Francisco de Peñalosa (ca. 1470–1528), con Unica est columba mea (in lode alla Vergine) e Emendemus in melius (per la Quaresima), due mottetti che rivelano un uso avanzato dell’imitazione e del cromatismo, anticipando il Rinascimento maturo (Robledo, Francisco de Peñalosa, 1996).  

L’Ensemble Arte Minima, diretto da Pedro Sousa Silva, si distingue per un approccio filologico basato sulle fonti originali, come dimostrato nel disco O Beata Maria (2023), dedicato a Francisco de Santa Maria. L’uso di flauti rinascimentali (consort di Silvia Cortini e Carlos Sánchez) accanto alle voci ricrea timbri vicini alla prassi dell’epoca, mentre la Schola Gregoriana, guidata da Lanfranco Menga, restituisce la solennità del canto piano.  

Come reso evidente dal meditato programma, questo concerto non è solo una rievocazione storica, ma un invito a riscoprire l’universalità della musica come linguaggio spirituale. Attraverso i Kyries Tenebrarum e il repertorio iberico, Arte Minima e la Schola Gregoriana illuminano un capitolo poco noto del Rinascimento mediterraneo, dove Napoli emerge come specchio di una civiltà musicale condivisa. 

Come scrive Jane Morlet Hardie, la liturgia delle Tenebre trascende i confini geografici, trasformando il lutto in una “preghiera sonora” (The Tenebrae Responsories, 2019). Un monito, forse, sulla capacità dell’arte di unire ciò che la storia divide.  

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