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Perfecta Sunt Omnia. Modo, materia, compimento: il Festival dell’Ascensione celebra la polifonia dal Trecento a Palestrina

Un viaggio ideale nella polifonia tra Medioevo e Rinascimento, un percorso musicale e spirituale che intreccia epoche, geografie e linguaggi. Il Festival dell’Ascensione 2025, dal titolo Perfecta sunt omnia "Tutto è perfetto", si terrà nella suggestiva cornice della Basilica di San Calimero a Milano dal 4 al 25 maggio 2025.


Un simbolico pellegrinaggio verso Roma, sulle orme di Josquin Desprez e Giovanni Pierluigi da Palestrina, celebrando quest’ultimo a cinquecento anni dalla nascita. Organizzato da Noema, Associazione per lo studio e la promozione della cultura musicale, il Festival dell’Ascensione, giunto alla XII edizione, si conferma come uno dei pilastri della divulgazione della musica antica in Italia. Il titolo Perfecta Sunt Omnia, scelto non a caso, è la chiave di lettura del percorso musicale del Festival.

La citazione Perfecta Sunt Omnia, che possiamo ritrovare in un brano di Palestrina, basato su un versetto del libro della Sapienza, richiama esplicitamente la sua centralità nella storia della musica sacra occidentale. E questo non solo in coincidenza con questa ricorrenza, ma anche come riferimento concettuale all’ideale rinascimentale di armonia tra forma e significato, suggerendo di fatto un compimento simbolico del viaggio musicale proposto: dal Trecento fino alla piena maturità della polifonia romana, incarnata proprio dal Princeps Musicae, figura cardinale della polifonia rinascimentale, la cui influenza permane nell’insegnamento del contrappunto ancora oggi. 

L’edizione, curata dalla direttrice artistica Giuditta Comerci si snoda, come accennavo, attraverso un percorso che dal Trecento italiano giunge alla Roma papalina, esplorando il dialogo tra forme liturgiche, innovazione compositiva e radici culturali europee. Una felice e importante collaborazione segna inoltre questa edizione del Festival. L’opera che caratterizza l’immagine coordinata, “Dissociazione casuale n. 31”, dell’artista e designer torinese Giampiero Bodino, creata ad hoc per Noema e per il Festival dell’Ascensione: un’allegoria visiva del legame tra modernità e tradizione, dove la storia musicale diventa linfa per il presente. 

I concerti in programma

4 maggio – Marginalia. Trecento perduto, ritrovato, radioso

Progetto musicale Fragmenta

L'apertura del Festival è affidata a Fragmenta, un ensemble emergente composto da giovani musiciste formatesi alla Schola Cantorum Basiliensis. Il programma intende esplorare il "Trecento periferico", riscoprendo manoscritti e repertori liturgici e profani rinvenuti tra le pievi e le abbazie dell’Appennino centrale, spesso ignorati dalla storiografia musicale tradizionale. Ci si aspetta un viaggio sonoro tra contrafacta, liriche in volgare, gesti epici al femminile e polifonie liturgiche. Un repertorio che rievoca lo “stile internazionale” che permeava l’Italia tra la fine del XIV secolo e l’inizio del XV, reso possibile anche dallo scisma avignonese e dalla mobilità degli artisti e dei copisti. L’attenzione filologica e l’impiego di strumenti storici (viella, liuto, percussioni) contribuiscono a restituire un affresco vivido e multisensoriale di un Trecento tutt’altro che oscuro.

11 maggio – Viaggio in Italia. Fiamminghi alla Cappella Papale

Cappella Pratensis – dir. Tim Braithwaite

Il secondo appuntamento porta a Milano uno degli ensemble più autorevoli nella prassi esecutiva fiamminga: la Cappella Pratensis, gruppo residente presso l’Alamire Foundation di Lovanio. Il cuore del programma è la Missa Ave maris stella di Josquin Desprez, capolavoro del primo Rinascimento basata su un'antifona mariana gregoriana. La messa, pubblicata nel Missarum Josquin Liber secundus 1505, è un esempio mirabile di contrappunto imitativo e simbologia musicale: ogni movimento si costruisce su parafrasi del canto piano, trasformato in un tessuto polifonico di straordinaria coerenza e varietà espressiva. Un opera preziosa simbolo del passaggio dal Medioevo al Rinascimento, in cui Josquin, fiammingo di nascita ma italiano d’adozione, incarna la sintesi tra rigore contrappuntistico nordico e dolcezza melodica italiana. La scelta di presentare questa messa in alternanza con brani di Dufay e Barbireau rende omaggio alle radici della polifonia rinascimentale e al suo graduale irradiarsi verso il sud Europa, sottolineando l’eredità fiamminga nella Cappella Papale.

18 maggio – Spem in alium numquam habuit. Giovanni Pierluigi da Palestrina

Ensemble Vocale Harmonia Cordis – dir. Jacopo Facchini

Il giovane ensemble Harmonia Cordis, diretto da Jacopo Facchini, propone un programma interamente dedicato a Palestrina, culminante nella rara Missa Spem in alium, basata sul mottetto di Jacquet de Mantua. Opera raramente eseguita, unisce tensione emotiva e perfezione formale, riflettendo il “dolce et novo modo” del compositore che qui offre una scrittura intensa e altamente espressiva, fondata su un dialogo serrato tra le voci e su una tessitura contrappuntistica densa ma sempre trasparente. L’analisi della notazione mensurale di Palestrina rivela come il contrappunto levigato nasconda complessità ritmiche, con segni come il tempus imperfectum diminutum che guidano l’agogica, bilanciando solennità e fluidità. Palestrina usava questi "codici ritmici" per dare appunto alla musica profondità emotiva senza rompere l’equilibrio formale, principio cardine della polifonia rinascimentale. Il programma include anche mottetti legati al calendario liturgico, tra cui Dum aurora finem daret, composto per il giorno di Santa Cecilia, esempio di come Palestrina sublimasse testi sacri in architetture sonore. Tale brano rivela di fatto l’abilità di Palestrina nel fondere l’intensità spirituale con una raffinata struttura musicale, in perfetta aderenza al dettato tridentino. Il ritorno al canto piano nella liturgia affianca idealmente i brani polifonici, restituendo la complementarietà tra monodia e polifonia nel culto romano.

25 maggio – La vertigine del Cantico. Pierluigi da Palestrina

De labyrintho – dir. Walter Testolin

Il concerto conclusivo, affidato a De labyrintho sotto la direzione di Walter Testolin, esplora la produzione di Palestrina ispirata al Cantico dei Cantici, testo biblico ampiamente musicato nel Cinquecento per il suo simbolismo amoroso e spirituale. Qui la polifonia diventa strumento di trasfigurazione: il dialogo tra voci incarna l’amore umano e divino, tra “velluti e asprezze”, con un uso audace del cromatismo che prelude a Gesualdo. La lettura di Testolin, tra rigore filologico ed energia interpretativa, mette in luce la doppia anima di questi mottetti: quella del desiderio umano e quella della mistica. L’ensemble, già protagonista nel 2023 con responsori della Settimana Santa, dimostra come la spiritualità palestriniana possa essere insieme mistica e terrena. Un degno epilogo per un festival che ha fatto del viaggio interiore e del ritorno alle radici la propria cifra distintiva.

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