Arianna a Roma: il respiro ritrovato delle donne virtuose del Seicento. Esce l'album progetto di Anima & Corpo simbolo di ricerca storica e interpretazione raffinata
Nel labirinto della storia musicale barocca, dove le figure femminili sono spesso relegate a note a margine, l’album Arianna a Roma per Arcana si erge come un filo d’Arianna, guidando l’ascoltatore attraverso le voci dimenticate delle “donne virtuose” della Roma del XVII secolo. Curato dalla mezzosoprano Carlotta Colombo, già stella amata della scena barocca italiana, e realizzato con l’ensemble Anima & Corpo diretto da Gabriele Pro, la registrazione è frutto di un meticoloso progetto di ricerca che restituisce lustro a cantanti e compositrici oscurate dai riflettori della storia.
Dai Lamenti alle Cantate, questo album è un viaggio sonoro nelle emozioni barocche. Tra manoscritti e corti nobiliari, il progetto di Anima & Corpo è una vera e propria resurrezione artistica in chi crede che la musica antica sia, prima di tutto, un territorio di scavo e sorpresa. In Arianna a Roma ritroviamo quella che potrei considerare una giustizia storica in note: un atto di restituzione dovuto.
Un brevissimo e doveroso appunto per Arcana: questa etichetta specializzata in riscoperte storiche (si pensi al presente progetto), all'interno del ricco catalogo di Outhere Music, uno dei pilastri dell’editoria musicale indipendente a livello globale. In un mercato discografico sempre più omologato, il gruppo belga rappresenta un’oasi di indipendenza e visionarietà, non solo preservando il patrimonio musicale, ma reinventandolo per il pubblico del XXI secolo. Un esempio luminoso di come la musica classica possa essere, oggi più che mai, un territorio di scoperta e meraviglia.
Come sottolinea il testo di presentazione del CD, queste donne - spesso ancelle, dame di corte o protette da regnanti - furono muse e collaboratrici di compositori celebri, da Monteverdi a Rossi. L’album ne celebra il repertorio, aprendo con una Sinfonia di Giovanni Girolamo Kapsberger, figura cardine della Roma musicale seicentesca, le cui opere strumentali accompagnavano spesso le esibizioni delle virtuose. Ma è il "Lamento di Arianna" di Monteverdi, qui proposto nella versione di un manoscritto romano (1610), a incarnare il cuore simbolico del progetto. Scoperto durante le ricerche, il brano - probabilmente portato da Monteverdi durante un soggiorno papale - diventa metafora di un’eredità ritrovata, intonata da Colombo con un pathos che unisce rigore filologico e intensità drammatica.
Il programma esplora la poliedricità delle forme seicentesche: dalla malinconia raffinata di "È puro, ma non sarà più tardi" di Luigi Rossi - compositore legato alla regina Cristina di Svezia - al "Lamento di Armida" di Stefano Landi, dove la Colombo sfoggia un controllo agogico magistrale, dipingendo la disperazione della maga tradita. Notevole è anche la scoperta di Carlo Rainaldi, noto più come architetto che come compositore: "Ho visto il nodo" rivela un linguaggio audace, sospeso tra recitativo e arioso, forse scritto per una protetta delle corti Barberini o Pamphilj.
Spicca poi il "Lamento di Erminia" di Ottavio Catalani, tratto dalla Gerusalemme liberata di Tasso, opera spesso musicata nel Seicento ma qui in una versione rara, che la Colombo interpreta con una voce cristallina e introspettiva. Non mancano gemme strumentali, come la Canzone Quinta di Frescobaldi - eseguita con perizia da Anima & Corpo - e la Toccata di Paolo Quagliati, dove Gabriele Pro (clavicembalo) e Giovanni Be (liuto) dialogano in un tessuto contrappuntistico vibrante.
Carlotta Colombo, al debutto solistico, conferma di essere una delle interpreti più sensibili del repertorio antico. La sua voce, duttile e ricca di sfumature, sa alternarsi tra il dolore lacerante di "Soccorritemi ch’io moro" di Carissimi - altro gigante della scuola romana - e la grazia ironica di testi come quelli di Rossi. Gabriele Pro, alla guida di Anima & Corpo, offre accompagnamenti mai scontati, con scelte timbriche (come l’uso del violoncello barocco e del claviorganum) che rievocano l’opulenza delle corti papali.
Attraverso un lavoro certosino su fonti d’archivio - come il manoscritto monteverdiano o le partiture di Catalani e Rainaldi - il progetto ridà voce a donne che, seppur invisibili nei ruoli ufficiali, plasmarono il Barocco italiano. In un’epoca in cui il mondo classico riscopre le figure femminili negate (da Caccini alla Strozzi), Colombo e Pro offrono un modello esemplare: arte come indagine storica, bellezza come riscatto.
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