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Vesperae Dolorosae, dalla croce alla luce: un viaggio attraverso il dolore mariano e la redenzione, tra Rinascimento e Barocco. Il concerto meditazione della Cappella Musicale di Santa Maria in Via

Il prossimo 6 aprile presso la Chiesa Santa Maria in Via un concerto meditazione imperdibile eseguito dalla Cappella Musicale di Santa Maria in Via, sotto la direzione del Maestro Luigi Ciuffa. Alle soglie della Pasqua, questo evento che mette in scena straordinarie opere di Ockeghem, Desprez, Palestrina e Allegri, si inserisce nella tradizione dell'ensemble romano, noto per le sue esecuzioni storicamente informate, offrendo al pubblico un viaggio attraverso le grandi pagine della musica sacra rinascimentale. Nel momento culminante del mistero cristiano il programma si dipana in un percorso che intreccia il lutto sacro e la redenzione, riflettendo il cammino dalla Croce alla Luce. 


Il concerto meditazione, in programma il 6 aprile alle 17:15 nella Chiesa Santa Maria in Via - Madonna del Pozzo, si snoda attraverso capolavori polifonici raramente eseguiti, legati al tema del dolore mariano e della speranza pasquale, idealmente incarnati dal volto straziato di Maria nel "Compianto sul Cristo morto" di Niccolò dell’Arca, emblema visivo della locandina.

Il concerto si apre con l’Introito gregoriano dedicato alla Beata Vergine Addolorata, brano monodico che rievoca la presenza di Maria ai piedi della Croce. Il testo, tratto dal Liber Usualis, fonte liturgica medievale, incarna l’essenza del lamento sacro attraverso melismi discendenti e un’intonazione solenne, simbolo di un dolore trascendente. Questo canto, radice della tradizione occidentale, prepara l’ascoltatore al pathos polifonico successivo.

A seguire una prima esplorazione del mondo sonoro di Josquin. L'eccelso compositore franco fiammingo con Deploration sur la mort de Jean Ockeghem rende omaggio al suo presunto maestro con una déploration a 5 voci, genere rinascimentale di lamento musicale. La struttura, basata sul cantus firmus Requiem aeternam, si intreccia a riferimenti alla chanson D’ung aultre amer di Ockeghem stesso, creando un dialogo tra passato e presente. Come fece notare Gustave Reese, in “Music in the Renaissance”, le dissonanze preparate e le sospensioni armoniche, tipiche dello stile di Josquin, traducono in musica Nymphes des bois del testo, invocazione alle Muse per piangere il defunto, metafora del lutto universale.

Gregorio Allegri ed il suo celebre Miserere a 9 voci, opera resa immortale dalle esecuzioni nella Cappella Sistina, incarna la supplica del Salmo 51. L'ensemble ne affronta la struttura antifonale tra coro e solisti, con gli abbellimenti improvvisati (oggi codificati) che evocano un misticismo barocco precoce. Come annotato nel Grove Music Online, la fama del Miserere, si lega alla proibizione di trascriverlo, violata da Mozart nel 1770. La ripetizione del "Miserere mei, Deus" diventa così preghiera collettiva, specchio del pentimento quaresimale.

Nel suo cinquecentenario della sua nascita, non poteva certo mancare Giovanni Pierluigi da Palestrina. L'ensemble vuole celebrarne l'immensa figura con due brani: Agnus Dei III e lo Stabat Mater a 8 voci. Una vera e propria indagine sullo splendido lavoro del Principe della Musica, con un focus sulle architetture ritmiche di questi due capolavori, specchio della teologia sonora del Maestro.

La scelta di Luigi Ciuffa di inserire due opere palestriniane nel concerto pasquale vuole essere una riflessione sulla duttilità del linguaggio palestriniano nel coniugare rigore controriformista e pathos umano. L’Agnus Dei III dalla Missa Ecce sacerdos magnus (composta nel 1572 per Gregorio XIII) e lo Stabat Mater a 8 voci (pubblicato postumo nel 1593) rappresentano due volti complementari del genio di Palestrina: il primo, legato alla liturgia ufficiale, esemplare di sobrietà tridentina; il secondo, di espansione devozionale mariana, audace nell’uso di doppi cori. 

Brevemente, mi soffermo dovutamente su questi due brani, cercando di offrire una chiave di lettura teologica, in termini di minima comprensione del pensiero artistico del compositore prenestino. Agnus Dei III da Missa Ecce sacerdos magnus è scritto in tempus perfectum (₵, 3/2) dove il ternario rinvia alla Trinità e all’equilibrio cosmico. Le frasi si sviluppano in clausole di 6 battute, con un moto melodico circolare che evoca l’“eterno ritorno” della misericordia divina. Metro e simbolismo diventano quindi un unico messaggio in cui l’andamento moderato (tactus alla semibreve) favorisce una dizione chiara, conforme ai dettami tridentini. Le sincopi non turbano la regolarità, ma diventano sospiri mistici. Il ternario è qui "misura del divino", geometria celeste che riflette l’immutabilità di Dio.  

Lo Stabat Mater, basato invece su tempus imperfectum (¢, 2/2) dove è il binario ad evocare il dualismo terreno (vita/morte, dolore/speranza). Le 20 strofe sono suddivise in sezioni contrastanti: cori pieni (tutte le 8 voci) rispondono a gruppi spezzati (Coro I vs. Coro II), creando un effetto di eco drammatica. Il tactus più fluido, in quanto binario, permette accelerazioni retoriche, specialmente nelle terzine di passaggio (es. “Fac me tecum pie flere”), dove il ritmo diventa respiro affannoso. Secondo Jessie Ann Owens, in “Composers at Work”, Palestrina usa il binario per "umanizzare" il testo, rendendo il pianto di Maria un’esperienza corporea.  

Quello che volevo far presente, in sostanza, è che pur nella diversità metrica, entrambi i brani ruotano attorno a un asse simbolico comune, dove il primo celebra il Cristo sacrificale (Ecce sacerdos magnus è un introito per i vescovi), con il ternario che disegna una Croce ideale (3/2 = 3 bracci verticali + 2 orizzontali), mentre lo Stabat Mater focalizza Maria ai piedi della Croce, col binario che ne incarna la doppia natura (madre umana/figlio divino).

Non è un quindi un caso, la scelta di Ciuffa di inserire questi due brani nel contesto pasquale. Entrando nella mente di Palestrina, come architetto del tempo Sacro, di fatto si scorge la volontà di ricucire la frattura tra liturgia e devozione popolare, tema caro a Francesco, e mostrare come il ritmo, in Palestrina, sia strumento di predicazione; il ternario “catechizza” attraverso l’ordine mentre il binario “commuove” attraverso il disordine controllato. A 500 anni dalla nascita dell’artista, queste due opere hanno lo scopo di ricordare che la polifonia non è arte astratta, ma calcolo delle emozioni. La scelta di binario e ternario diventa di fatto metafora della Pasqua: il primo è il sepolcro chiuso (2 giorni), il secondo la resurrezione (3° giorno). Diremmo, con Sant’Agostino, "il tempo è un’estensione dell’anima”, e Palestrina ne è il cantore.

Un ultima annotazione: l’Agnus Dei, esemplifica la prassi severa controriformista. Le linee melodiche equilibrate e l’omogeneità tessiturale, analizzate da Lewis Lockwood in “Palestrina: Pope Marcellus Mass”, riflettono l’ideale di chiarezza testuale del Concilio di Trento. L’invocazione "dona nobis pacem" risuona come auspicio di riconciliazione pasquale. Lo Stabat Mater, amplifica il testo medievale sulla sofferenza di Maria. L’uso di contrappunti imitativi e contrasti dinamici tra gruppi vocali, come sottolinea Jerome Roche in “Palestrina”, drammatizza il "dolorosa" del testo, culminando nel "Paradisi gloria", dove le voci si slanciano verso l’acuto, prefigurando la Resurrezione.

Dopo la bellezza di Palestrina, è il turno della splendida Chanson a 3 voci di Ockeghem. Basata su un tema cortese, introduce alla successiva messa di Josquin. Come affermato da David Fallows in "Josquin", la sua struttura canonica e l’armonia modale, tipiche dello stile borgognone, mostrano la raffinata eredità di Ockeghem, rivisitata in chiave sacra da Josquin.

La messa parodistica di Josquin, a chiusura del concerto, trasforma la chanson di Ockeghem in un ciclo sacro. L’uso del cantus firmus nel Kyrie e le variazioni nel Gloria, studiate da Edward Sparks  in "Cantus Firmus in the Josquin Masses", rivelano un omaggio al maestro, trasfigurando l’amor cortese in devozione mariana. L'Agnus Dei finale, con le sue cadenze sospese, invoca di fatto la pace pasquale.

Non mi rimane che consigliarvi vivamente questo concerto, dove anche il sottoscritto farà la sua parte: questa è di fatto l'ensemble dove mi cimento a mettere in pratica gli studi sulla musica antica. Un programma che, come annunciato, è una sorta di specchio della Via Crucis che si trasforma in pellegrinaggio sonoro: dal gregoriano, voce solitaria di Maria, alla polifonia rinascimentale che abbraccia l’umanità sofferente, fino alle speranze barocche. Luigi Ciuffa, con la sua ensemble, vuole restituire non solo rigore filologico ma una meditazione sul mistero pasquale, dove il pianto della Madre diventa germe di resurrezione. Come nel capolavoro di Niccolò dell’Arca, la musica rivela che il dolore, se cantato, è già preludio di luce.

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