Armonia nella diversità: al via il concerto Palestrina e l’Europa. A Sant’Apollinare di scena il Coro Polifonico del PIMS diretto da Walter Marzilli
Si terrà presso la Basilica di Sant’Apollinare il concerto del Coro Polifonico del PIMS diretto dal Maestro Walter Marzilli, nell'ambito di Palestrina500, serie di eventi per i festeggiamenti del 500° anniversario della nascita di Giovanni Pierluigi da Palestrina. "Palestrina e l’Europa" sarà un viaggio cosmopolita nello stile del Princeps Musicae, sotto il segno dell’armonia nella diversità.
Roma, culla della polifonia sacra, si prepara a celebrare il cinquecentenario della nascita di Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525-2025) con un concerto che non è semplice omaggio, ma un viaggio cosmopolita nello stile del Princeps Musicae. Venerdì 21 marzo 2025, alle ore 20.00, la Basilica di Sant’Apollinare ospiterà Palestrina e l’Europa, evento cardine del ciclo Palestrina500 curato dal Pontificio Istituto di Musica Sacra.
Sotto la direzione del Maestro Walter Marzilli, il Coro Polifonico del PIMS si appresta a dare vita a una liturgia musicale completa, intrecciando l’Ordinarium e il Proprium missae con capolavori di quei compositori europei che, tra Cinquecento e Seicento, dialogarono con lo “stile osservato” romano, plasmato dal genio palestriniano.
Nel solco del Concilio di Trento, che cercò nella musica sacra un equilibrio tra chiarezza testuale e elevazione spirituale, Palestrina seppe distillare un linguaggio in cui contrappunto e devozione si fondono in perfetta simbiosi. A partire dalla sua Missa Beata Virgine - cuore dell’Ordinarium proposto nel concerto - che incarna proprio questo ideale: una messa-parafrasi che attinge al gregoriano delle Missae IX e XVII, trasformando antiche melodie in un tessuto polifonico trasparente, solenne ma accessibile. Pubblicata nel 1567, essa divenne modello insuperato per la Scuola Romana, sintesi di tradizione e innovazione.
Grazie alla esaustiva presentazione a cura del musicologo Cesare Marinacci, sono così riuscito in anteprima a "carpire" quelli che saranno i brani eseguiti nella serata; un programma, che a quanto vedo, non si limita solo a celebrare Palestrina, ma anche di esplorarne l’eredità continentale.
L’Introito si apre con l’Ave stella matutina di Gaspar van Weerbeke (1445-1516), franco-fiammingo di formazione ma innamorato della chiarezza italiana. Il suo stile, che evita gli eccessi contrappuntistici, per abbracciare un’eufonia quasi borgognona, anticipa quella ricerca di equilibrio che il Concilio avrebbe canonizzato.
Segue l’Alleluia Felix es del polacco Sebastian de Felsztyn (1480-1543), dove una melodia gregoriana si veste di polifonia sobria, segno di come l’influsso italiano raggiungesse persino le corti dell’Est.
Inaspettato poi è l’incontro con Guillaume Bouzignac (1587-1643?), francese riscoperto nel Novecento, la cui Ave Maria per l’Offertorio mescola omofonia, dialoghi drammatici e slanci mistici, quasi presagendo il Barocco ma senza tradire il rigore rinascimentale.
La Spagna irrompe con Cristóbal de Morales (1500-1553) e il suo O sacrum convivium (Communio): quarte ascendenti solenni dischiudono un contrappunto libero, ricco di imitazioni che avvolgono l’ascoltatore in un manto di devozione.
Oltremanica, Thomas Tallis (1505-1585) rappresenta la Riforma anglicana con If Ye Love Me (Postcommunio): struttura ABB, equilibrio tra omofonia e imitazione, testo biblico in volgare che riflette una spiritualità intima, pur nella grandiosità corale.
A chiudere il rito, un vero e proprio gioiello: il madrigale spirituale Vergine chiara di Palestrina, intonato da un quintetto di solisti. Musicando la sesta stanza del Canzoniere petrarchesco, Palestrina trasforma la preghiera alla Vergine in un dialogo meditativo, dove la polifonia diventa sospiro devoto. Pur non destinato alla liturgia, il brano incarna quella “bontà di forme” che lega Rinascimento e Controriforma, poesia e fede.
Non voglio ripetermi ma celebrare Palestrina oggi significa riconoscere in lui non un reperto museale, ma un faro, una luce che ha bisogno di essere vivificata per continuare ad essere considerata eterna. La sua lezione di equilibrio, il rispetto per il testo sacro, la capacità di fondere tradizione e sperimentazione risuonano nei brani scelti, specchio di un’Europa musicale già unita nello scambio culturale.
Volevo aggiungere un mia personale riflessione, a ragione di trovarmi sul terreno giusto per soffermarmi nel dire che, in un’epoca lacerata da individualismi e conflitti, questo concerto si erge a manifesto sonoro dell’armonia nella diversità, dove la vera unità cristiana non nasce dall’eliminazione delle differenze, ma dalla loro armonizzazione nello Spirito, incarnando con sublime potenza proprio quella che fu la visione di San Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi (12,12-30). La polifonia rinascimentale, con le sue voci intrecciate in un equilibrio miracoloso, non è solo arte: è teologia in musica, una risposta vibrante all’apostolo che trasforma la metafora del Corpo di Cristo in un progetto esistenziale.
San Paolo, con audacia profetica, descrive la Chiesa come un organismo vivente, dove ogni membro - dal più nobile al più nascosto - contribuisce alla vita dell’insieme. «Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito?». Ogni cellula ha una funzione unica, ma nessuna può ergersi a padrona, perché l’armonia nasce solo dalla sottomissione al Capo, Cristo, e dall’azione unificante dello Spirito Santo, «cuore pulsante» che irrora il corpo con il sangue della Grazia.
Ecco il genio della polifonia palestriniana e dei maestri rinascimentali: ogni voce è distinta, autonoma, perfetta nella sua identità, eppure si fonde in un disegno superiore. Come le membra del Corpo mistico, i soprani, i contralti, i tenori e i bassi, rinunciano all’ego per diventare canale di un’armonia trascendente. Non c’è gerarchia, ma interdipendenza; non uniformità, ma sinfonia.
Questo concerto, allora, va molto oltre al semplice evento musicale: è un atto di catechesi sonora. Quando il Coro del PIMS intonerà la Missa Beata Virgine o il mottetto O sacrum convivium, ogni nota sarà un richiamo alle parole di Paolo: «Voi siete corpo di Cristo e, ciascuno secondo la propria parte, sue membra». L’arte di Palestrina, dei fiamminghi, degli spagnoli e degli anglicani diventa così testimonianza del Vangelo: la vera unità non annulla le differenze, le esalta in Cristo, unico Capo.
Lo Stile Osservato, con la sua trasparenza contrappuntistica, riflette di fatto l’etica paolina: come lo Spirito guida la Chiesa senza soffocare i carismi (doni di grazia) così il contrappunto rinascimentale disciplina le voci senza imbrigliarne la bellezza. L’omofonia di Tallis, i dialoghi di Bouzignac, le linee gregoriane di Palestrina, sono altrettanti modi per dire che la diversità, quando orientata alla Gloria, diventa linguaggio universale.
Il concerto Palestrina e l’Europa non invita solo all’ascolto: chiama alla conversione dell’orecchio e del cuore. In un mondo che idolatra la divisione, queste voci antiche gridano più di ogni altro messaggio cosiddetto "politically correct" che l’unità è possibile - non per compromesso, ma per abbandono al Disegno divino. Come le note di un mottetto, siamo chiamati a essere distinti ma uniti, liberi ma obbedienti, molteplici ma Uno. Perché, come la Chiesa insegna, è "lo Spirito, cuore del mondo, a darci il ritmo… e senza di Lui, saremmo solo rumore."
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