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The Story of Narcissus: Guillaume de Machaut e l’arte dello specchio medievale. La voce come atto di purificazione sonora

The Story of Narcissus, di Gothic Voices, sotto la direzione di Christopher Page, è un album uscito nel 1987 per Hyperion, dedicato all’opera di Guillaume de Machaut. La registrazione nasce da un progetto che vuole celebrare il genio del poeta e compositore francese attingendo a trattati coevi, incluso quello del nipote di Machaut, Eustache Deschamps, per restituire un suono storicamente informato.  

L’album The Story of Narcissus, dedicato all’opera di Guillaume de Machaut (1300-1377), è un viaggio ipnotico nel cuore dell’Ars Nova francese, dove poesia, musica e autoritratto spirituale, si fondono in un’unica, lussureggiante creazione. Questo progetto, il primo a presentare esclusivamente esecuzioni vocali della musica del Trecento, non solo celebra Machaut come genio compositivo, ma ne svela l’ossessione per l’autoriflessione, metafora del narcisismo che permeava la vita cortese.  

Nato alle soglie del XIV secolo, Machaut servì come segretario di Giovanni di Lussemburgo, re di Boemia, prima di ritirarsi a Reims come canonico. La sua carriera, intrecciata a mecenati illustri come Carlo V di Navarra, riflette un’epoca in cui l’arte era strumento di autocelebrazione. Machaut curò personalmente la trascrizione delle sue opere in manoscritti miniati, trasformandole in oggetti d’arte totali: pagine di calligrafia raffinata, accompagnate da melodie che spaziano dal mellifluo al dissonante, anticipando modernità sorprendenti.  

La scelta di eseguire i brani a cappella non è casuale. Gothic Voices, sotto la direzione di Christopher Page, attinge a trattati coevi, incluso quello del nipote di Machaut, Eustache Deschamps, per restituire un suono storicamente informato; non solo una questione filologica, ma anche un atto di purificazione sonora, come guardarsi in uno specchio privo di ornamenti. Le voci, senza accompagnamento strumentale, così nude e sovrapposte, enfatizzando l’introspezione e l’artificio controllato tipici dell’estetica di Machaut. La complessità dei motetti e delle ballate vengono in tal modo esaltati attraverso accordi ricchi che si alternano a dissonanze audaci, risolte con imprevedibile maestria. 

Il tema del narcisismo non è mera allegoria. Machaut, come Narciso, si innamorò dell’immagine idealizzata dell’artista-amante, riflessa nello specchio della sua arte. La figura mitologica del giovane cacciatore, famoso per la sua bellezza e che si innamora del proprio riflesso nell’acqua, diventa qui metafora dell’ossessione cortese per l’auto-rappresentazione. Anche Machaut specchiandosi nella propria arte, plasma un’immagine idealizzata di sé: quella di poeta, compositore e amante cortese. La sua musica e la sua poesia, non sono solo espressione creativa, ma strumenti per costruire un’identità raffinata, destinata a essere ammirata e perpetuata.

I testi, spesso scritti da prospettive femminili ma eseguiti da voci maschili (pratica accettata nell’epoca), esplorano l’amor cortese come gioco di specchi, dove desiderio e autoindulgenza si confondono. Le traduzioni di Stephen Haynes, basate sulle edizioni critiche di Chichmaref e Hoepffner, restituiscono tutta la malinconia e la raffinatezza dei versi originali.  

Sappiamo che nel Trecento, l’arte cortigiana era spesso "autoriferita": l’artista celebrava se stesso attraverso opere commissionate da mecenati, ma anche come atto di auto-glorificazione. Machaut curò personalmente la trascrizione delle sue opere, trasformandole in oggetti di lusso, veri "specchi" del suo genio.  

Nelle corti medievali, l’élite viveva in un mondo chiuso, regolato da codici di comportamento, estetica e rituali che riflettevano la loro superiorità sociale. L’arte, la moda e la musica erano specchi di un’identità collettiva elitista, dove ogni gesto e ogni opera d’arte dovevano rispecchiare la magnificenza del patrono e del creatore. L’amor proprio non era visto come un vizio (come nel cristianesimo), ma come virtù necessaria per distinguersi. Machaut, servendo re e duchi, incarna questa dinamica: le sue composizioni, ricche di dissonanze audaci e testi introspettivi, riflettono la complessità di un mondo che si ammirava nella propria raffinatezza.

Nel Medioevo, lo specchio era anche un simbolo mistico e conoscitivo (si pensi agli speculum medievali, trattati che "riflettevano" la sapienza divina o morale). Per Machaut, la musica diventa uno "specchio sonoro" in cui riflettere le emozioni: i testi d’amore cortese, spesso ambigui e introspettivi, esplorano desideri e contraddizioni interiori. Riflettere l’armonia universale: le complesse polifonie dell’Ars Nova imitano l’ordine cosmico, specchio della perfezione divina.  

L'album come dicevo, nasce da una attenta ricerca filologica - dalle ricostruzioni testuali ai dibattiti accademici citati (Page, Wright, Fallows) - si fonde con un’interpretazione emotivamente carica, che trasforma ogni traccia in un monologo interiore. Brani come Dame, a qui o Remede de Fortune risuonano di una tensione drammatica che anticipa l’opera rinascimentale.  

The Story of Narcissus è un tributo essenziale per gli amanti della musica medievale e non solo. Gothic Voices offre una lettura che unisce rigore storico e intensità espressiva, rivelando come Machaut, attraverso il mito di Narciso, abbia scolpito il proprio volto nell’eternità dell’arte. Un disco che invita a specchiarsi nella profondità di un genio, dove ogni nota è un riflesso di bellezza e ambiguità.  

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