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IUC: tra eredità barocca e sensibilità pre-classica, alla Sapienza il clavicembalo secondo Il Pomo d'Oro

L’Istituzione Universitaria dei Concerti celebra l’ottantesima stagione con un appuntamento imperdibile: sabato 29 marzo, alle 17.30, l’Aula Magna ospiterà Il Pomo d’Oro, ensemble di riferimento per la musica barocca e classica, guidato dal clavicembalista e direttore Francesco Corti. Un programma che unisce capolavori di Johann Sebastian Bach, Carl Philipp Emanuel Bach e Georg Anton Benda, eseguiti con rigore filologico e quella vitalità che solo una performance storicamente informata può regalare. 



Torna in Aula Magna sabato 29 marzo alle 17.30 per l’Istituzione Universitaria dei Concerti, il Pomo d’Oro, ensemble di affermati musicisti tra i migliori nel campo della performance storicamente informata. Caratterizzato da un’autentica e dinamica interpretazione delle composizioni strumentali del periodo Barocco e Classico, l’ensemble, diretto dal clavicembalista Francesco Corti, eseguirà il terzo Concerto per clavicembalo e orchestra ed il Quinto Concerto Brandeburghese di Bach, accostati al Concerto per flauto archi e basso continuo del suo secondo figlio Carl Philipp Emanuel ed il Concerto per clavicembalo e orchestra del ceco Georg Anton Benda.

Francesco Corti, clavicembalista aretino di fama mondiale, incarna l’eccellenza nella riscoperta del repertorio antico. Vincitore del Concorso Bach di Lipsia e docente alla prestigiosa Schola Cantorum Basiliensis, Corti unisce precisione tecnica a un’interpretazione carismatica, restituendo alle partiture la loro essenza originaria. Dal 2018, la sua collaborazione con Il Pomo d’Oro – ensemble fondato nel 2012 e celebre per l’energia travolgente e l’attenzione alla prassi storica – ha prodotto tournée acclamate e incisioni premiate, confermando una sintonia artistica fuori dal comune. 

Il concerto si apre con il Concerto n. 3 in re maggiore BWV 1052 di J.S. Bach, opera che trasforma il clavicembalo da strumento di sostegno a protagonista assoluto. Scritto per il Collegium Musicum di Lipsia, il brano sfoggia un dialogo serrato tra solista e orchestra, con passaggi virtuosistici che Corti affronterà su un clavicembalo storico, riproponendo timbri e temperamenti dell’epoca. L’esecuzione storicamente informata esalterà la contrapposizione tra i ritornelli orchestrali e le improvvisazioni solistiche, riflettendo l’estetica della “retorica musicale” tipica del Barocco tedesco.  

Segue il Concerto in la minore Wq. 166 di Carl Philipp Emanuel Bach, figlio di Johann Sebastian e pioniere dello Empfindsamer Stil. Composto per flauto, archi e basso continuo, il brano incarna la transizione verso il Classicismo: melodie cariche di pathos, dinamiche repentine e un linguaggio armonico audace. L’uso di un flauto traversiere e di archi con corde in budello sottolineerà le sfumature espressive di questo lavoro, ponendo l’accento sul dialogo tra solista e ensemble, tipico della sensibilità “galante”.  

Il concerto prosegue con il Concerto in fa minore di Georg Anton Benda, compositore ceco che seppe fondere l’eredità bachiana con elementi preromantici. Qui il clavicembalo, strumento spesso associato al Barocco, diventa veicolo di un’espressività quasi drammatica, anticipando lo Sturm und Drang. L’interpretazione de Il Pomo d’Oro, attenta agli sbalzi emotivi e all’uso del silenzio come risorsa retorica, trasformerà questo lavoro meno noto in una rivelazione.  

A chiudere il programma è il celeberrimo Concerto Brandeburghese n. 5 in re maggiore BWV 1050 di J.S. Bach, capolavoro che rivoluzionò il ruolo del clavicembalo, inserendo una cadenza solistica lunga e sperimentale. L’ensemble, con Corti al clavicembalo, ricreerà la formazione originale (violino, flauto, clavicembalo e archi), restituendo la brillantezza contrappuntistica e la gioiosità ritmica che resero questo brano un simbolo dell’ingegno bachiano.  

Questo concerto dimostra come la musica antica, eseguita con strumenti e criteri filologici, possa suonare sorprendentemente moderna. La scelta di accostare J.S. Bach a suoi eredi musicali come C.P.E. Bach e Benda sottolinea un fil rouge tra innovazione e tradizione, reso tangibile dalla maestria de Il Pomo d’Oro. Per il pubblico, un’occasione unica per ascoltare capolavori immortali nella loro forma più autentica, grazie a interpreti che fanno della ricerca storica un’arte viva.  

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