Dove la musica accende il coraggio: Ravenna Festival 2025, tra note ed eroi senza tempo. In programma anche The Tallis Scholars e l'Ensemble Odhecaton
“Dove c’è musica non ci può essere alcun male”. Le parole di Cervantes, tratte dal Don Chisciotte, risuonano come un mantra nella XXXVI edizione del Ravenna Festival, in programma dal 31 maggio al 13 luglio 2025. Oltre 100 eventi e più di mille artisti trasformeranno la città in un palcoscenico globale, dove musica, teatro e danza si intrecciano per raccontare storie di coraggio: epico, civile, quotidiano. Un inno alla resilienza che parte dalle note per diventare un dialogo universale.
Un Festival che è già storia, sostenuto da istituzioni e partner come Eni, Ravenna Festival 2025 non è solo un cartellone: è una mappa di sentimenti, un invito a credere che, anche nelle notti più buie, la musica possa accendere una scintilla. Perché, come insegnava Cervantes, dove risuonano le note, l’oscurità non ha spazio.
Dal guerriero Arjuna del Bhagavadgītā alle passioni furiose dell’Orlando di Händel, fino al sogno utopico di Don Chisciotte, il Festival esplora l’eroismo in tutte le sue sfumature. Marco Baliani invita a riflettere sul “coraggio silenzioso”, mentre quattro concerti dedicati alla Palestina e la rassegna Romagna in fiore (10 maggio-2 giugno) celebrano comunità colpite dalle alluvioni, trasformando il dolore in arte.
Non mancano le eroine moderne: le donne di Lisistrata di Aristofane, in sciopero contro la guerra, rivivono grazie a Marco Martinelli con gli adolescenti napoletani, mentre Anita omaggia la compagna di Garibaldi e Fragolesangue racconta lotte sociali attraverso la danza. Persino il jazz si fa portavoce di battaglie, con The Passion of Octavius Catto di Uri Caine, tributo all’attivista afroamericano ucciso nel 1871.
Ciliegina sulla torta, per quanti come noi amano la polifonia rinascimentale, la presenza dei Tallis Scholars, guidati dal fondatore Peter Phillips, ospitati nella cornice maestosa della Basilica di San Vitale, gioiello bizantino patrimonio Unesco, che da solo vale il viaggio, il prestigioso ensemble britannico renderà omaggio a uno dei giganti della polifonia sacra: Giovanni Pierluigi da Palestrina, di cui nel 2025 si celebrano i 500 anni dalla nascita. Un anniversario che Ravenna Festival ha scelto di onorare con uno dei più acclamati ensemble vocali al mondo, specializzato nel repertorio rinascimentale e contemporaneo.
La celebrazione di Palestrina prosegue con l’Ensemble Odhecaton, diretto da Paolo Da Col, specializzato in musica antica, che proporrà un programma speculare nella stessa serata. Due prospettive diverse sullo stesso genio: i Tallis Scholars con la loro purezza tipicamente britannica, Odhecaton con l’approccio italianamente sensuale. Insieme, dipingono un ritratto a tutto tondo del compositore, ricordandoci perché la sua musica abbia attraversato i secoli: non come reliquia, ma come linguaggio universale di pace interiore e coraggio artistico.
Mi soffermo un secondo per parlare di San Vitale, che con i suoi mosaici dorati e l’acustica avvolgente, diventa complice essenziale dell’esperienza. Le architetture della basilica, specchio di un’epoca in cui arte e fede si fondevano, amplificano la potenza delle voci a cappella. Dal Sicut cervus - emblema della sete d’assoluto - alla solennità della Missa Papae Marcelli, due concerti che si inseriscono nel nutrito programma del Festival, come momento di riflessione nel modo in cui Palestrina cercò un equilibrio tra regole e devozione.
L’inaugurazione affidata a Riccardo Muti e alla sua Cherubini segna un inizio maestoso, ma il cuore sinfonico batte con Zubin Mehta (Orchestra del Maggio Fiorentino) e Daniel Harding (Santa Cecilia). Tra i protagonisti, Max Richter con In A Landscape e Heiner Goebbels, che ridisegna le Surrogate Cities in una produzione site-specific.
Il festival osa mescolare generi: dal folk avant-garde sloveno degli Širom all’omaggio di Cat Power a Bob Dylan, passando per il jazz fusion della Zawinul Legacy Band 3.0 e l’elettronica di Dardust. E poi, le note di Morricone rivissute dal CCN/Aterballetto e la Traviata riletta da Alessio Boni, in un dialogo tra letteratura e lirica.
La danza celebra il coraggio di reinventarsi: Notte Morricone unisce coreografie e colonne sonore, mentre Fragolesangue sfida narrazioni obsolete con un linguaggio contemporaneo. Doppio tributo a Micha van Hoecke con il Balletto di Roma e una mostra fotografica, a ricordare quanto l’arte sia vita.
In teatro, oltre a Lisistrata, spiccano i fantasmi di Edith Wharton in Ghosts di Fanny & Alexander e il Finale di partita beckettiano del Nerval Teatro. Ma è il Don Chisciotte ad ardere di Albe/Ravenna Teatro, interpretato da cittadini comuni, a incarnare lo spirito partecipativo del Festival: eroi non si nasce, si diventa.
Segnalo inoltre a novembre, la Trilogia d’Autunno (12-16), una full immersion nel mondo di Händel: Orlando e Alcina in nuovi allestimenti, più il Messiah diretto da Ottavio Dantone. Un dialogo tra Pier Luigi Pizzi e Accademia Bizantina che trasforma il barocco in un viaggio attuale, tra desiderio e ricerca dell’assoluto.
Cuore del progetto Cantare amantis est è il canto come atto collettivo: cori da tutta Italia si uniranno in lezioni magistrali con Muti su pagine verdiane, mentre murales alla Mensa di Fraternità e concerti giubilari nelle basiliche ribadiscono che l’arte è bene comune.
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