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Vergine bella, che di sol vestita: il dissenso armonico nei madrigali spirituali di Palestrina. Quando la gestione rigorosa delle dissonanze incontra la poesia

Giovanni Pierluigi da Palestrina, massimo esponente della polifonia rinascimentale, è celebre per i suoi  mottetti e messe, pilastri della musica liturgica post-tridentina. Tuttavia, nel Primo libro de madrigali a cinque voci, il compositore si misura con il madrigale, genere profano per eccellenza, ma trasfigurato in esperienza spirituale. Questa raccolta, che attinge ai testi dei sonetti mariani di Petrarca, costituisce un vertice di sintesi tra poesia sacra e arte contrappuntistica, in cui la "perfetta imperfezione" si trasforma in soave preghiera.

Pubblicato a Venezia nel 1581, il Primo libro de madrigali a cinque voci appartiene alla maturità artistica di Palestrina, in un’epoca in cui il madrigale spirituale, specie dopo il Concilio di Trento, diviene veicolo di testi morali o mistici. I ventisette madrigali qui raccolti, su testi in volgare, alternano temi penitenziali, riflessioni sull’effimero della vita e, nel nostro caso specifico, lodi mariane. 

I sonetti scelti appartengono alla sezione finale del Canzoniere (CCCLXVI-CCCLXXIII), dedicati alla Vergine Maria, dove Petrarca trasforma il linguaggio amoroso in preghiera mistica. Palestrina, con sensibilità umanistica, plasma la complessità emotiva di questi versi attraverso una scrittura polifonica che unisce rigore formale e introspezione devozionale. La scrittura a cinque voci, tipica del madrigale avanzato, permette a Palestrina di esplorare un contrappunto fluido, dove la chiarezza del testo non è mai sacrificata all’artificio.

Il "dissenso armonico" nei madrigali di Palestrina, ovvia espressione metaforica, fa riferimento ad una certa gestione alquanto rigorosa delle dissonanze nella polifonia palestriniana. Pur non essendo un termine tecnico ufficiale nella teoria musicale, "dissenso armonico" vuole evocare, poeticamente, l’idea di tensioni controllate tra le voci, utilizzate dal compositore non come rottura, ma come strumento espressivo al servizio del testo sacro. 

In musica, il concetto di dissonanza, molto semplicemente, è l’uso di intervalli o accordi che generano instabilità (es. seconde, quarte aumentate, settime). Tuttavia Palestrina, tratta queste tensioni trasformando il "dissenso" in un atto di devozione. Per Palestrina, questo non è un gesto rivoluzionario, ma una forma di ascesi musicale. Ogni dissonanza, pur carica di pathos, obbedisce a un ordine superiore, riflettendo la visione cattolica del Rinascimento: il caos umano redento dalla Grazia divina.  

Con dissenso in luogo di dissonanza, nel descrivere l’estetica palestriniana, voglio di fatto sottolineare la dimensione umana, dove il contrasto armonico diventa metafora del conflitto interiore tra peccato e redenzione. Come il credente domina le passioni, Palestrina domina le dissonanze, rendendole preghiera, contribuendo così all’armonia complessiva.

Con i madrigali su testi di Petrarca, Palestrina compie un miracolo artistico: egli trasforma l’eredità del poeta trecentesco, diviso tra eros e agape, in una preghiera polifonica senza tempo. Opere come “Vergine bella, che di sol vestita” o “Vergine, quante lagrime” rivelano un compositore che, pur nella fedeltà al Concilio di Trento, sa essere moderno, anticipando la sensibilità barocca nel trattamento degli affetti. 

L’uso della dissonanza in Palestrina è un caposaldo della sua estetica, spesso definita "perfetta imperfezione" per l’equilibrio tra rigore contrappuntistico e espressività. Nei madrigali spirituali del Primo libro, questa gestione raggiunge un livello di sofisticatezza unico, dove ogni attrito sonoro diventa strumento di meditazione sul testo. 

Come dicevo, Palestrina adotta le regole del contrappunto rigoroso codificate dalla scuola romana post-tridentina. Ogni dissonanza deve essere preparata da una consonanza (per grado congiunto o nota tenuta) e risolta su un intervallo stabile, come nel caso di "Vergine bella, che di sol vestita". Le dissonanze per acciaccatura (note di passaggio brevi) sono rare; Palestrina privilegia le sospensioni (dissonanze ritardate), come notiamo nel madrigale "Vergine, quante lagrime ho già sparte". E' evidente che il compositore tratta la dissonanza come figura retorica: gli attriti armonici non sono solo decorativi, ma commento al testo.  

Attraverso una attenta gestione di modalità e dissonanza, Palestrina evidenzia il colore degli affetti. Interessante notare che mentre madrigalisti come Marenzio o Gesualdo, esplorano il cromatismo e le dissonanze non risolte, Palestrina invece con il suo cromatismo moderato, tra influenze di Lasso e silenzi eloquenti, mantiene sempre un controllo ascetico. 

Tra i musicologi che hanno affrontato questa tematica ricordo Knud Jeppesen, che nel suo The Style of Palestrina and the Dissonance, oltre a fare un approfondito studio sul contrappunto palestriniano, traccia, con esempi concreti, anche il trattamento delle dissonanze e l’equilibrio modale, applicabili ai madrigali spirituali. Gustave Reese, in Music in the Renaissance, fa un analisi del contesto storico del madrigale spirituale post-tridentino e del ruolo di Palestrina nella fusione tra sacro e profano. Harold Gleason & Warren Becker, nel loro Music in the Middle Ages and Renaissance, discutono sulle caratteristiche formali dei madrigali di Palestrina, con riferimenti alla struttura a cinque voci e all’uso dei modi ecclesiastici. Infine Claudio Gallico, con il suo libro Giovanni Pierluigi da Palestrina, approfondisce, nell'ambito della produzione madrigalistica di Palestrina, il rapporto tra testo e musica nel Primo libro.

Per chi volesse approfondire, esistono studi specifici su Petrarca e la musica rinascimentale, come quello di Alfred Einstein, The Italian Madrigal; un analisi dell’influenza di Petrarca sui madrigalisti del Cinquecento, incluso il riuso di testi dal Canzoniere in chiave spirituale. James Haar, in Essays on Italian Poetry and Music in the Renaissance, inserisce capitoli dedicati alla ricezione musicale dei sonetti mariani di Petrarca, con esempi di come compositori quali Palestrina adattassero il linguaggio poetico alla polifonia. Marco Santagata, con il suo interessante I frammenti dell’anima: Storia e racconto nel Canzoniere di Petrarca, fa un originale interpretazione dei testi mariani petrarchesi, utili per decifrare il substrato teologico e emotivo su cui Palestrina costruisce i madrigali.

In termini squisitamente di analisi tecniche e modalità, figura Bernard Meier, con The Modes of Classical Vocal Polyphony, uno studio sui modi ecclesiastici nel Rinascimento, con esempi di come Palestrina utilizzi il frigio per esprimere dolore o il dorico per la meditazione. Peter Schubert, in Modal Counterpoint in the Style of the 16th Century, descrive esempi di tecniche contrappuntistiche (canoni, imitazioni, trattamento delle cadenze) riscontrabili nei madrigali analizzati. Giuseppe Fiorentino, nel suo Il madrigale spirituale tra Cinque e Seicento, prefigura un contesto sul genere del madrigale spirituale, con riferimenti alla commistione tra linguaggio amoroso e devozione in Palestrina. Degno di nota anche Francesco Luisi, con il libro La poesia per musica nel Rinascimento, in cui fa un confronto tra i testi originali di Petrarca e le loro rielaborazioni musicali, incluso il caso palestriniano.

In definitiva, in Palestrina la dissonanza non è un cedimento alla passione, ma un mezzo per avvicinarsi al divino. Ogni attrito è calcolato, ogni risoluzione è un atto di fede nella razionalità armonica. Nei madrigali spirituali, questo approccio raggiunge l’apice: le dissonanze non illustrano il caos umano (come nel Barocco), ma il tremore della preghiera, sospeso tra colpa e redenzione.

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