"Lifestyle, Diet, Wine & Health", a Roma lo stato dell'arte del viver sano. Focus su dieta mediterranea e consumo moderato di vino
Si conclude oggi la seconda edizione di "Lifestyle, Diet, Wine & Health", congresso di livello mondiale che riunisce studiosi ed attori di settore internazionali. L'evento è un occasione per la comunità scientifica internazionale di confrontarsi nuovamente e presentare le più recenti evidenze scientifiche sui vantaggi di uno stile di vita equilibrato, combinando informazioni sul mantenimento di un’attività fisica regolare, una dieta di stampo mediterraneo e un consumo moderato di vino.
Tra un calice di rosso e un piatto di pesce azzurro, la scienza torna a sfidare i luoghi comuni. Al centro del dibattito, il vino: non più semplice compagno della tavola, ma protagonista di una rivoluzione scientifica che ne rivaluta il ruolo nella dieta mediterranea. Se ne parla a Roma presso l’Auditorium Antonianum, nell'ambito di Lifestyle, Diet, Wine & Health Congress 2025, evento internazionale organizzato da WIC, IRVAS e Wine in Moderation, che riunisce esperti per ridefinire il rapporto tra vino, salute e cultura alimentare.
Mentre l’Europa dibatte sui limiti dell’alcol, la Spagna lancia uno studio senza precedenti: 10.000 volontari, già 1.500 reclutati, osservati per anni nelle loro abitudini a tavola. L’obiettivo? Dimostrare che il vino, consumato con moderazione durante i pasti, non è un nemico, ma un alleato. «Non parliamo di un semplice drink», spiega Attilio Giacosa, presidente di IRVAS e gastroenterologo di fama, «ma di un alimento complesso, ricco di antiossidanti, che in contesto mediterraneo riduce il rischio di patologie cardiovascolari e oncologiche. Chi lo beve con equilibrio ottiene più benefici di chi lo evita del tutto».
Il congresso romano ribadisce un concetto chiave: il vino non va demonizzato, ma contestualizzato. «Nessuno condanna le noci o le pesche per i loro grassi o zuccheri», ironizza Giacosa. «Il problema nasce quando si estrapola un elemento dalla dieta. Come il Gorgonzola Dop, il vino ha una sua dignità: mezzo chilo di formaggio fa male, così come un litro di vino. La moderazione è tutto».
Contro il mantra “alcol zero” promosso dall’OMS, gli esperti chiedono chiarezza. «La ricerca va comunicata senza pregiudizi», afferma Giuseppe Poli dell’Università di Torino. «Lo stress ossidativo, legato all’invecchiamento, si combatte con uno stile di vita integrato: dieta, movimento, sonno. Eliminare il vino non risolve nulla, anzi, si perdono i suoi polifenoli protettivi».
Sandro Sartor, presidente di Wine in Moderation, punta sull’educazione: «Non siamo negazionisti. L’abuso fa male, ma una cultura del bere responsabile esiste. Con i QR code in etichetta, i produttori possono offrire informazioni trasparenti, oltre i soliti allarmismi». Le linee guida? Quelle del Ministero della Salute: due bicchieri al giorno per gli uomini, uno per le donne, sempre a stomaco pieno.
Il clima è teso anche Oltreoceano. Negli USA, il precedente governo Biden ha spinto per etichette allarmistiche, mentre Harvard fatica a finanziare studi sul vino per pressioni ideologiche. «È assurdo», commenta Giacosa. «La scienza deve essere libera da tabù. Il vino non è vodka: la sua storia millenaria va difesa con dati, non con preconcetti».
Tra sessioni su longevità e dieta mediterranea, il congresso si propone come baluardo contro la disinformazione. «Dobbiamo riportare il dibattito sui binari della ragione», conclude Giacosa. «Il vino è parte della nostra identità. Rinnegarlo sarebbe come rinunciare all’olio d’oliva: un autogol per la salute e la cultura».
Mentre i riflettori si accendono sulla Capitale, una cosa è certa: la strada per un vino “socialmente sostenibile” passa dalla scienza, ma anche dalla capacità di raccontarne la bellezza, un bicchiere alla volta.
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