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Sommelier&Gdo

Sommelier: ora richiesti anche dalla Grande Distribuzione Organizzata

La nuova frontiera del professionista del vino, il sommelier, è il supermercato, se ne era ampiamente discusso anche a Vinitaly qualche anno fa. La grande distribuzione veicola oggi nel nostro Paese più del 60% delle vendite di vino in Italia, grazie ad una vasta e articolata offerta di etichette. L'unico difetto: la mancanza di un aiuto qualificato per poter scegliere la giusta bottiglia. Il cliente viene infatti lasciato solo davanti allo scaffale, mentre il supporto di un professionista potrebbe rendere l'acquisto più ponderato e indicato per ogni esigenza.

L'introduzione del sommelier nella grande distribuzione, potrebbe inoltre rappresentare un nuovo sbocco professionale per i molti appassionati che ogni anno acquistano il titolo, ma che non sempre trovano lavoro nelle enoteche o nei ristoranti blasonati.

Un interessante articolo pubblicato su Il Sole 24Ore a firma di Maria Teresa Manuelli, e che riportiamo integralmente, mette in evidenza quanto sia importante ormai la presenza di questa insostituibile figura all'interno della Gdo.

Grande distribuzione, aziende vinicole, importatori, organizzazione di eventi enogastronomici… non solo grandi ristoranti o wine bar. Senza contare il lavoro freelance. Gli ambiti di impegno del sommelier oggi sono davvero tanti.

Nel ristorante gestisce la cantina e abbina i vini ai piatti per arricchire l’esperienza gustativa degli avventori, negli eventi di settore mette a disposizione degli appassionati le sue conoscenze sulle peculiarità di un particolare vino prodotto da una particolare azienda. Nelle catene della grande distribuzione, sceglie i vini, cura lo scaffale e consiglia i clienti. Nelle aziende vinicole e presso gli importatori seleziona i vini migliori da mettere in assortimento e giudica le annate. Come freelance offre la sua consulenza durante workshop, serate di gala e degustazioni. Una figura versatile e richiesta, ma non ancora riconosciuta come categoria professionale da uno specifico contratto.

Manca un contratto specifico: inquadrati come chef o maître

«Nonostante da anni ci si batta per ottenere un inquadramento ad hoc – spiega Emanuele Lavizzari, responsabile di redazione e della guida Vitae di Ais-Associazione Italiana Sommelier – il sommelier in Italia ancora non ha un contratto specifico. Soprattutto nei ristoranti: a volte viene inquadrato come cameriere o come chef o come maître». E, in quanto dipendente, anche i compensi variano a seconda del contratto: è normale iniziare con uno stipendio mensile di 900-1.000 euro per poi salire, man mano che si ascende nei ruoli, fino a 3.000 euro nei casi più eclatanti di sommelier ad altissimo livello. Più frequente, però, che la busta paga si assesti in media sui 1.400-1.500 euro.

«E’ difficile anche il caso di un sommelier assunto alla prima esperienza come tale – precisa Lavizzari –. Di solito si entra come cameriere, per essere poi promosso a responsabile di sala che consiglia sul vino. Il puro sommelier è molto difficile: da noi solo i grandi ristoranti hanno una figura adibita esclusivamente alla cantina e al vino». Caso, invece, non infrequente all’estero, dove le possibilità di lavoro sono maggiori. Così come quelle di guadagno, cui si aggiungono le laute mance dei clienti.

Le mete migliori all’estero? Londra e Dubai

«Come per l’abbigliamento o il design – osserva Lavizzari –, anche nel food e nelle professioni il made in Italy piace molto nel mondo. Le possibilità di impiego, quindi, non sono solo nei tanti ristoranti italiani all’estero, ma anche in quelli autoctoni o internazionali che preferiscono fregiarsi di un sommelier italiano, con il nostro bagaglio enogastronomico». I posti migliori? Il Medioriente, in città cosmopolite come Dubai e Abu Dhabi. Ma anche Stati Uniti e Australia sono mete molto remunerative, in denaro e soddisfazioni. Così come la sempre citata Londra. «Sono Paesi in cui, se uno è intraprendente e piuttosto bravo, fa carriera in brevissimo tempo con un buon riconoscimento economico».

Opportunità nella grande distribuzione

Tornando da noi, la grande distribuzione si è aperta da tempo a considerare il sommelier come figura non solo in grado di gestire la cantina del punto vendita, ma come esperto a tutto tondo, capace di supportare la clientela, sempre più informata ed esigente, sulla bottiglia più adatta per una cena importante o sui migliori abbinamenti del caso. Del resto, ormai, più della metà del vino confezionato passa dagli scaffali della gdo. Tra le prime catene ad aprire le porte a questa figura è stata Esselunga, dando addirittura il via a corsi interni ad hoc in collaborazione con Ais. Ma anche le francesi Carrefour e Auchan, visto che oltralpe hanno iniziato ben prima di noi, o la nostrana Conad. «In questo caso – prosegue Lavizzari – sono invece inquadrati nel contratto del Commercio, come gli altri responsabili di reparto».

Un compito non facile e impegnativo, poiché lavorando tra le corsie del reparto vini, il sommelier offre la propria consulenza al cliente come in enoteca, ma deve anche predisporre lo scaffale in modo che tutte le referenze abbiano visibilità, organizzare il riordino dei vini e la cura del reparto. Deve occuparsi insieme al buyer dell’intero processo che va dalla definizione dell’assortimento alla scelta dei vini, dall’acquisto allo stoccaggio e alla sistemazione delle bottiglie su uno scaffale, dalla realizzazione del piano marketing al posizionamento dei prodotti in termini di prezzo, sia continuativi sia promozionali. Il tutto distinguendo la propria offerta dai competitor e sempre rispettando la filosofia aziendale. E se non tutti possono permettersi un sommelier fisso tra gli scaffali – causa la crisi le richieste di nuove figure sono un po’ ferme -, molti invece arruolano freelance per giornate di degustazione dedicate.

Solo un terzo di sommelier donne

Le opportunità di lavoro non mancano, tanto che la Fondazione Italia Orienta nel report “Il lavoro c’è, ma non si vede” del 2013 aveva inserito questa figura tra le più promettenti, segnalando gli annunci di lavoro più diffusi da qui ai prossimi anni. Nella realtà, comunque, non è facilissimo trasformare la propria passione per il vino in un lavoro vero. A maggior ragione se sei donna. Anche se i corsi sono frequentati da molte donne e le iscritte all’Ais raggiungono il 30% del totale, in sala e nelle altre posizioni di lavoro se ne vedono poche, ma qualcosa sta cambiando. Passione e competenza per questo lavoro (non è raro ormai che raggiungano i vertici di classifiche e contest) stanno aprendo le porte di numerose sale ‘importanti’ proprio alle donne. Da Claudia Bondi, signora dello champagne in Italia, a Valentina Benedetti, ex sommelière presso il Vun del Park Hyatt di Milano, ad Alessandra Veronesi del Principe di Savoia di Verona, e molte altre. E poi ci sono le associazioni tutte in rosa, da Donne del vino a Donne & Vino che raccolgono sempre più adepte.

Lo stereotipo che il vino sia ‘roba da maschi’ sta quindi andando in soffitta. Confermando in questo la saggezza degli antichi. La prima sommelière della storia, infatti, era di sesso femminile: Ebe, figlia di Zeus ed Era, che nella mitologia greca aveva il compito di servire il nettare e l’ambrosia agli dei.

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