IMPRESA CULTURA CREATIVITÀ, PARTECIPAZIONE, COMPETITIVITÀ
La cultura è tornata ad essere una risorsa per il nostro Paese. Il volume, edito da Gangemi e realizzato quest’anno in collaborazione con Agis, ospita una prefazione del Ministro Dario Franceschini.
Dopo anni di immobilismo, si sono rimessi in moto molti meccanismi – tra riforme, nuovi assetti di governance, dialogo con i privati –, la cultura è di nuovo al centro del dibattito e aumenta l’interesse dei cittadini.
Per la cultura nel nostro Paese il vento è cambiato: maggiori risorse economiche per il settore e i soggetti che vi operano; crescente autonomia operativa ai musei statali; nuovo protagonismo nell'agenda del Paese. Non si può non riconoscere la tendenza in atto che ha restituito alla cultura un ruolo centrale nelle politiche nazionali per lo sviluppo economico e sociale.
E’ questo il messaggio positivo che emerge dalle pagine del 12° Rapporto Annuale Federculture, “Impresa Cultura. Creatività, partecipazione, competitività” presentato ieri all’Auditorium del Museo MAXXI.
I diversi trend che il Rapporto descrive e analizza infatti mostrano nel 2015 una crescita del 4% per la spesa delle famiglie italiane destinata alla cultura e ricreazione, pari a 67,8 miliardi di euro, recuperando buona parte di quanto perso con la crisi nel 2012/2013. In due anni la spesa in cultura, infatti, è aumentata di 4 miliardi, +6% sul 2013. Parallelamente i cittadini intensificano la fruizione culturale: aumentano coloro che visitano i musei e le mostre (+7%), che vanno a teatro (+4%) ed ai concerti (+6%). Inoltre, cresce l’attrattività del Paese in particolare quella determinata da cultura e bellezza: il turismo culturale, costituito per il 60% dagli stranieri, cresce del 7% in termini di arrivi e del 5% nelle presenze.
Il volume, edito da Gangemi e realizzato quest’anno in collaborazione con Agis, ospita una prefazione del Ministro Dario Franceschini e si apre con gli interventi introduttivi dei presidenti di Federculture e Agis, Andrea Cancellato e Carlo Fontana, a suggello del rapporto avviato tra i due enti a seguito della firma del Patto Federativo avvenuta lo scorso giugno. L’opera prosegue con saggi autorevoli e attuali e un aggiornato apparato statistico attraverso i quali fornisce una fotografia ampia e dettagliata delle dinamiche in atto nel settore culturale.
Il Rapporto descrive inoltre un settore investito, dopo anni di stasi, da politiche di respiro strategico che coniugano valorizzazione della cultura, come uno dei maggiori fattori competitivi dell'Italia, e promozione della conoscenza, in particolare tra i giovani, per favorire la partecipazione dei cittadini alla tutela e fruizione del patrimonio nazionale.
Un impegno che sembra premiato dai risultati positivi che si registrano in molti ambiti, segnando un oggettivo recupero in particolare rispetto al crollo dei consumi culturali che si era registrato nel 2012 e 2013 quando la spesa culturale degli italiani diminuiva del 7% e la fruizione segnava un calo a due cifre (teatro -15,5%, mostre -12,8%, concerti -14,4%).
La tendenza nel 2015 è decisamente invertita: gli italiani sono tornati a teatro (+4% sul 2014 e +8% sul 2013), nei musei (+7% e +18%), e nei siti archeologici (+8 e + 16%).
Dato particolarmente positivo è che la fruizione culturale cresce molto tra i giovani, più di quanto accada per la popolazione nel suo complesso. Ad esempio nel 2015 rispetto al 2014, nella fascia di età 15-17 anni la fruizione teatrale aumenta del 16,6% e quella dei musei del 10,6%; in quella 20-24 anni si registra per il teatro una crescita dell’11,4%, per musei e mostre un +14,3%, nei concerti di musica classica +8,2%.
Tuttavia, in un quadro complessivamente positivo, non si possono tralasciare alcuni elementi di criticità che rischiano di frenare la ripresa e il recupero di competitività, anche internazionale, del settore e dell’intero sistema Paese. Tra questi ad esempio il fatto che la partecipazione alla cultura sia ancora diffusa tra fasce ristrette della popolazione: l’astensione culturale, in calo nel 2015 del 4% rispetto all’anno precedente, riguarda ancora il 18,5% dei cittadini vale a dire circa 11 milioni di italiani che non fruiscono di cinema, teatro, musei, concerti, né praticano la lettura. E in particolare sul fronte della lettura i dati sono sconfortanti: nel 2015 si stima che meno di un italiano su due, cioè il 42% delle persone di 6 anni e più (circa 24 milioni), abbia letto almeno un libro, cifra stabile rispetto all’anno precedente, ma complessivamente in calo da diversi anni (nel 2010 la percentuale di lettori era del 47% circa).
Inoltre, esiste un evidente “ritardo” del Mezzogiorno del Paese, dove tutti gli indicatori seppure positivi sono decisamente inferiori al resto della penisola. Ad esempio la spesa media mensile delle famiglie dedicata a cultura, spettacoli e ricreazione che, a livello nazionale è pari a 126,41 euro, nel Nord-Est è di 159 euro, nel Centro il dato scende a 128 euro e crolla nel Sud e nelle Isole rispettivamente a 84 e 78 euro, la metà di quanto si spende nel triveneto e circa due terzi della spesa media nazionale.
Inoltre, sul fronte del turismo, se da una parte recuperiamo ben 18 posizioni nella classifica della competitività turistica del World Economic Forum passando dal 26° posto del 2013 all’8° del 2015, arrivi e presenze sono ancora è fortemente concentrato in alcune regioni e gran parte delle numerose attrattive del territorio, in particolar modo ancora una volta al Sud, non sono adeguatamente valorizzate. Ne è un chiaro indicatore il fatto che il 64,5% della spesa turistica degli stranieri si concentra in cinque regioni (Lazio, Lombardia, Veneto, Toscana, Campania), con differenze molto significative: ad esempio in Lombardia i turisti stranieri hanno speso 6 miliardi di euro e in Sardegna esattamente un decimo, 600 milioni.
Un analogo problema di concentrazione si registra sul fronte dei visitatori dei musei che per l’86% si riversano in 5 regioni – Lazio, Campania, Toscana, Piemonte, Lombardia – con i siti del Lazio che ne accolgono quasi 20 milioni, quelli della Campania e Toscana circa 7 milioni ciascuna, mentre in molte altre regioni, come Basilicata, Abruzzo, Calabria, se ne registrano poche centinaia di migliaia.
Dunque, seppure ci sia un’inequivocabile tendenza all’investimento e alla promozione della crescita del settore e una chiara disponibilità a considerare la cultura come un valore per il Paese, è necessario approfondire e intensificare le azioni intraprese per renderle più efficaci nel raggiungimento degli obiettivi.
Federculture ha individuato alcuni nodi cruciali sui quali intervenire e alcune proposte, tra le quali:
• Estensione dell'Art bonus a tutti i soggetti che praticano la cultura, ampliando la platea dei beneficiari, delle azioni finanziabili, dei possibili finanziatori con la possibilità di farne uno straordinario traino economico;
• Defiscalizzazione del consumo culturale, a partire dai libri, fino agli spettacoli e le visite alle mostre e ai musei;
• Promozione dell’applicazione del bonus giovani, sperimentandone anche una possibile estensione alla popolazione anziana che, grazie all'aumentata aspettativa di vita, può diventare un ambito di politiche culturali innovative;
• Incentivare il processo di autonomia delle fondazioni culturali, favorendo il percorso della loro privatizzazione, in modo da farle uscire dal recinto degli Organismi Pubblici, con benefici per il bilancio dello Stato;
• Prevedere l'«eccezione culturale» per le norme che più direttamente influiscono sulla gestione e l’operatività delle aziende della cultura (come nel caso del nuovo Codice degli Appalti, o della spending review), al fine di approdare ad una disciplina specifica per l’«Impresa culturale» che tenga conto delle peculiarità di questo settore, così come ad esempio finalmente è stato fatto per la composizione dei Consigli di Amministrazione delle Istituzioni culturali, al fine di stimolare la partecipazione di soggetti privati accanto ai rappresentanti delle Istituzioni pubbliche.
«Le nostre sono alcune proposte che potrebbero dare una nuova spinta ad un settore del Paese che è fortemente connesso con lo sviluppo dell'economia - sottolinea il presidente di Federculture Andrea Cacellato -. In modo particolare, il sostegno al consumo culturale può rappresentare la grande svolta capace di mettere in gioco risorse inaspettate, che possono moltiplicare gli effetti nella produzione culturale e nella vita delle Istituzioni, liberando anche una salutare competizione, in connessione con l’aumento della partecipazione dei cittadini alla vita culturale delle città e del Paese. La tensione che tutti dobbiamo avere verso la crescita economica, come fattore indispensabile per aiutare il Paese ad uscire da una lunga e difficile crisi, non può sottacere anche il ruolo che abbiamo nella crescita culturale, premessa necessaria, per rendere il nostro Paese più aperto alla conoscenza, più curioso del futuro, più consapevole dei propri mezzi. Ci sono tutte le condizioni, questa volta, per una vera svolta.»
La cultura è tornata ad essere una risorsa per il nostro Paese. Il volume, edito da Gangemi e realizzato quest’anno in collaborazione con Agis, ospita una prefazione del Ministro Dario Franceschini.
Dopo anni di immobilismo, si sono rimessi in moto molti meccanismi – tra riforme, nuovi assetti di governance, dialogo con i privati –, la cultura è di nuovo al centro del dibattito e aumenta l’interesse dei cittadini.
Per la cultura nel nostro Paese il vento è cambiato: maggiori risorse economiche per il settore e i soggetti che vi operano; crescente autonomia operativa ai musei statali; nuovo protagonismo nell'agenda del Paese. Non si può non riconoscere la tendenza in atto che ha restituito alla cultura un ruolo centrale nelle politiche nazionali per lo sviluppo economico e sociale.
E’ questo il messaggio positivo che emerge dalle pagine del 12° Rapporto Annuale Federculture, “Impresa Cultura. Creatività, partecipazione, competitività” presentato ieri all’Auditorium del Museo MAXXI.
I diversi trend che il Rapporto descrive e analizza infatti mostrano nel 2015 una crescita del 4% per la spesa delle famiglie italiane destinata alla cultura e ricreazione, pari a 67,8 miliardi di euro, recuperando buona parte di quanto perso con la crisi nel 2012/2013. In due anni la spesa in cultura, infatti, è aumentata di 4 miliardi, +6% sul 2013. Parallelamente i cittadini intensificano la fruizione culturale: aumentano coloro che visitano i musei e le mostre (+7%), che vanno a teatro (+4%) ed ai concerti (+6%). Inoltre, cresce l’attrattività del Paese in particolare quella determinata da cultura e bellezza: il turismo culturale, costituito per il 60% dagli stranieri, cresce del 7% in termini di arrivi e del 5% nelle presenze.
Il volume, edito da Gangemi e realizzato quest’anno in collaborazione con Agis, ospita una prefazione del Ministro Dario Franceschini e si apre con gli interventi introduttivi dei presidenti di Federculture e Agis, Andrea Cancellato e Carlo Fontana, a suggello del rapporto avviato tra i due enti a seguito della firma del Patto Federativo avvenuta lo scorso giugno. L’opera prosegue con saggi autorevoli e attuali e un aggiornato apparato statistico attraverso i quali fornisce una fotografia ampia e dettagliata delle dinamiche in atto nel settore culturale.
Il Rapporto descrive inoltre un settore investito, dopo anni di stasi, da politiche di respiro strategico che coniugano valorizzazione della cultura, come uno dei maggiori fattori competitivi dell'Italia, e promozione della conoscenza, in particolare tra i giovani, per favorire la partecipazione dei cittadini alla tutela e fruizione del patrimonio nazionale.
Un impegno che sembra premiato dai risultati positivi che si registrano in molti ambiti, segnando un oggettivo recupero in particolare rispetto al crollo dei consumi culturali che si era registrato nel 2012 e 2013 quando la spesa culturale degli italiani diminuiva del 7% e la fruizione segnava un calo a due cifre (teatro -15,5%, mostre -12,8%, concerti -14,4%).
La tendenza nel 2015 è decisamente invertita: gli italiani sono tornati a teatro (+4% sul 2014 e +8% sul 2013), nei musei (+7% e +18%), e nei siti archeologici (+8 e + 16%).
Dato particolarmente positivo è che la fruizione culturale cresce molto tra i giovani, più di quanto accada per la popolazione nel suo complesso. Ad esempio nel 2015 rispetto al 2014, nella fascia di età 15-17 anni la fruizione teatrale aumenta del 16,6% e quella dei musei del 10,6%; in quella 20-24 anni si registra per il teatro una crescita dell’11,4%, per musei e mostre un +14,3%, nei concerti di musica classica +8,2%.
Tuttavia, in un quadro complessivamente positivo, non si possono tralasciare alcuni elementi di criticità che rischiano di frenare la ripresa e il recupero di competitività, anche internazionale, del settore e dell’intero sistema Paese. Tra questi ad esempio il fatto che la partecipazione alla cultura sia ancora diffusa tra fasce ristrette della popolazione: l’astensione culturale, in calo nel 2015 del 4% rispetto all’anno precedente, riguarda ancora il 18,5% dei cittadini vale a dire circa 11 milioni di italiani che non fruiscono di cinema, teatro, musei, concerti, né praticano la lettura. E in particolare sul fronte della lettura i dati sono sconfortanti: nel 2015 si stima che meno di un italiano su due, cioè il 42% delle persone di 6 anni e più (circa 24 milioni), abbia letto almeno un libro, cifra stabile rispetto all’anno precedente, ma complessivamente in calo da diversi anni (nel 2010 la percentuale di lettori era del 47% circa).
Inoltre, esiste un evidente “ritardo” del Mezzogiorno del Paese, dove tutti gli indicatori seppure positivi sono decisamente inferiori al resto della penisola. Ad esempio la spesa media mensile delle famiglie dedicata a cultura, spettacoli e ricreazione che, a livello nazionale è pari a 126,41 euro, nel Nord-Est è di 159 euro, nel Centro il dato scende a 128 euro e crolla nel Sud e nelle Isole rispettivamente a 84 e 78 euro, la metà di quanto si spende nel triveneto e circa due terzi della spesa media nazionale.
Inoltre, sul fronte del turismo, se da una parte recuperiamo ben 18 posizioni nella classifica della competitività turistica del World Economic Forum passando dal 26° posto del 2013 all’8° del 2015, arrivi e presenze sono ancora è fortemente concentrato in alcune regioni e gran parte delle numerose attrattive del territorio, in particolar modo ancora una volta al Sud, non sono adeguatamente valorizzate. Ne è un chiaro indicatore il fatto che il 64,5% della spesa turistica degli stranieri si concentra in cinque regioni (Lazio, Lombardia, Veneto, Toscana, Campania), con differenze molto significative: ad esempio in Lombardia i turisti stranieri hanno speso 6 miliardi di euro e in Sardegna esattamente un decimo, 600 milioni.
Un analogo problema di concentrazione si registra sul fronte dei visitatori dei musei che per l’86% si riversano in 5 regioni – Lazio, Campania, Toscana, Piemonte, Lombardia – con i siti del Lazio che ne accolgono quasi 20 milioni, quelli della Campania e Toscana circa 7 milioni ciascuna, mentre in molte altre regioni, come Basilicata, Abruzzo, Calabria, se ne registrano poche centinaia di migliaia.
Dunque, seppure ci sia un’inequivocabile tendenza all’investimento e alla promozione della crescita del settore e una chiara disponibilità a considerare la cultura come un valore per il Paese, è necessario approfondire e intensificare le azioni intraprese per renderle più efficaci nel raggiungimento degli obiettivi.
Federculture ha individuato alcuni nodi cruciali sui quali intervenire e alcune proposte, tra le quali:
• Estensione dell'Art bonus a tutti i soggetti che praticano la cultura, ampliando la platea dei beneficiari, delle azioni finanziabili, dei possibili finanziatori con la possibilità di farne uno straordinario traino economico;
• Defiscalizzazione del consumo culturale, a partire dai libri, fino agli spettacoli e le visite alle mostre e ai musei;
• Promozione dell’applicazione del bonus giovani, sperimentandone anche una possibile estensione alla popolazione anziana che, grazie all'aumentata aspettativa di vita, può diventare un ambito di politiche culturali innovative;
• Incentivare il processo di autonomia delle fondazioni culturali, favorendo il percorso della loro privatizzazione, in modo da farle uscire dal recinto degli Organismi Pubblici, con benefici per il bilancio dello Stato;
• Prevedere l'«eccezione culturale» per le norme che più direttamente influiscono sulla gestione e l’operatività delle aziende della cultura (come nel caso del nuovo Codice degli Appalti, o della spending review), al fine di approdare ad una disciplina specifica per l’«Impresa culturale» che tenga conto delle peculiarità di questo settore, così come ad esempio finalmente è stato fatto per la composizione dei Consigli di Amministrazione delle Istituzioni culturali, al fine di stimolare la partecipazione di soggetti privati accanto ai rappresentanti delle Istituzioni pubbliche.
«Le nostre sono alcune proposte che potrebbero dare una nuova spinta ad un settore del Paese che è fortemente connesso con lo sviluppo dell'economia - sottolinea il presidente di Federculture Andrea Cacellato -. In modo particolare, il sostegno al consumo culturale può rappresentare la grande svolta capace di mettere in gioco risorse inaspettate, che possono moltiplicare gli effetti nella produzione culturale e nella vita delle Istituzioni, liberando anche una salutare competizione, in connessione con l’aumento della partecipazione dei cittadini alla vita culturale delle città e del Paese. La tensione che tutti dobbiamo avere verso la crescita economica, come fattore indispensabile per aiutare il Paese ad uscire da una lunga e difficile crisi, non può sottacere anche il ruolo che abbiamo nella crescita culturale, premessa necessaria, per rendere il nostro Paese più aperto alla conoscenza, più curioso del futuro, più consapevole dei propri mezzi. Ci sono tutte le condizioni, questa volta, per una vera svolta.»
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