Al Congresso Assoenologi “Obiettivo sostenibilità a 360 gradi”
Il reportage di winenews
Sostenibilità parola chiave del futuro ma senza integralismi
“Basta con il rifiuto della scienza, la genetica è il nostro futuro, il rame
non è una soluzione, è uno dei peggiori veleni per il terreno. Basta a legarci
solo alla storia e al mito del vino, bisogna guardare avanti”. Così il
professor Attilio Scienza, docente dell’Università di Milano e tra i massimi
esperti di viticoltura nel mondo, nel dibattito su “Obiettivo sostenibilità a
360 gradi”, di scena nel Congresso Assoenologi a Castellaneta Marina (30 maggio
- 2 giugno), nel quale, moderati dal “Gastronauta” del “Sole 24 Ore” Davide
Paolini, si sono confrontati produttori, enologi e studiosi.
Da cui emerge anche che “Sostenibilità” è una parola che
vuol dire mille cose, e che forse, per essere compresa a pieno, non va
radicalizzata nel del “naturismo” a tutti i costi, fine a se stesso. Pensando
in primi alla sostenibilità economica delle imprese del vino, senza la quale
parlare di sostenibilità ambientale, sicurezza alimentare e qualità del
prodotto è praticamente impossibile. In tanti oggi fanno l’equazione
“sostenibile” uguale a “biologico”. Ma è un errore.
“Oggi l’Italia ha il 5% del suo vigneto coltivato a
biologico. Se arrivassimo al 50% con un biologico mal gestito, nel senso che
non pensa anche a garantire la produttività, non basterebbe più il vino che produciamo per il nostro fabbisogno ma dovremmo comprarlo all’estero - provoca il professor Attilio
Scienza - perché uno degli aspetti fondamentali è che anche nel biologico
integrale si perde materia organica nel terreno, che non si rigenera da sola o
solo con letami e sovesci".
"Non possiamo ragionare così, con una viticoltura che
magari produce qualità che può essere anche straordinaria, perché è fatta solo con due grappoli a pianta, perché non è redditizia, e alla fine dell’anno
vanno fatti i bilanci. La sostenibilità economica è imprescindibile. Se penso
alle esperienze di alcune nazioni come California, Sudafrica, Australia, non
c’è niente che si avvicina alle nostre idee biologiche o biodinamiche. Loro hanno un
approccio pragmatico: prima l’economia dell’azienda, poi, contemporaneamente il rispetto dell’ambiente, passando anche per la tecnologia".
"Sostenibilità, forse, non è la parola giusta, è una parola facile. Sarebbe
giusto parlare di “resilienza” che la capacità di una struttura di ritornare a
condizioni normali dopo la sollecitazione. Noi in agricoltura dobbiamo puntare
a questo obiettivo. Considerando che tutto è legato alla innovatività del
consumatore: se il consumatore non ci avesse spinto a cambiare saremo fermi a
20 anni fa. E per capire bene le cose bisogna domandarci il perché ce le
chiede".
"Oggi, come è sempre stato nella storia, questo grande ritorno alla
naturalità è spinto dalle paure che abbiamo, da quella della guerra a quella di
mangiare qualcosa che ci faccia male. Un cosa che in particolare è nata negli
anni 60-70, quando c’è stata la nascita de cultura biologica. Ma dobbiamo
pensare che in viticoltura operiamo in una viticoltura nata negli anni 60,
basata su quello che ci poteva dare l’innovazione, i fertilizzanti, le macchine:
non si può tornare indietro, ma andare avanti. Capendo per esempio che non
possiamo piantare tutto dappertutto, ma piantare le diverse varietà nelle zone
dove possono reggere, come facevano i vecchi, che pensavano a dove era più
semplice per la pianta sopravvivere.
"Dobbiamo scoprire e riscoprire varietà più
resistenti, magari antiche, come stiamo facendo in Armenia e Georgia, dove
abbiamo trovato varietà resistenti a peronospera e oidio. E ancora, pensare a
sesti più larghi perché le radici possano crescere di più ed essere più forti in modo che le piante se la possano cavare da sole. E poi basta con il rifiuto della
scienza, la genetica è il nostro futuro, il rame non è una soluzione, è uno dei
peggiori veleni per il terreno. Basta a legarci solo alla storia e al mito, del
vino, bisogna guardare avanti”.
Aggiunge Renzo Cotarella, amministratore delegato della
griffe Antinori: “forse non ho capito ancora bene neanche io cosa è
sostenibilità. Oggi è di moda, ma in realtà è un concetto da sempre nell’anima
delle aziende. Da un punto di vista economico in primis, perché un azienda che
non ha profitto chiude, non garantisce lavoro e sostenibilità sociale ed
ambientale. Poi nel vino si estende alla sicurezza alimentare, e su questo
aspetto spesso ci sono atteggiamenti troppo integralisti. Un agricoltore ha
l’obbligo di produrre in maniera sostenibile, assicurarsi che quello che ha e
riceve vada oltre la sua generazione, pur sfruttando il territorio che gli
serve per sopravvivere. Bisogna andare un po’ oltre l’aspetto bio o chimica, la
sostenibilità va affrontata a 360 gradi, l’azienda deve ragionare nell’ottica
delle generazioni successive, l’approccio integralista non serve a niente”
"Sostenibilità vuol dire valorizzare la tipicità, i luoghi, la bellezza
dell’ambiente: un vino deve esprimere fascino, deve attrarre i sensi, e non solo quello del
gusto, per poterci caricare valori immateriali e farne un vino costoso. La
sostenibilità intesa così incide molto sui bilanci. In Antinori i bilanci li
facciamo con Tignanello, Solaia, Cervaro e così via, i vini più espressivi dei
luoghi e delle identità in cui quei vini vengono realizzati”.
“Il biologico va intesto come un mezzo per raggiungere
qualità e redditività del vino a basso impatto e bassi costi, perché trattare
di meno, per esempio vuol dire risparmiare e rispettare di più l’ambiente al
tempo stesso - aggiunge Ruggero Mazzilli, agronomo e specialista in viticoltura
ed enologia all’Università di Torino, e fondatore della Stazione Sperimentale
per la Viticoltura Sostenibile - partendo però dal concetto che nel vigneto
non dobbiamo pensare a una pianta sopra ad un terreno, ma ad un terreno con
sopra una pianta, perché è sotto terra, dove sono le radici, il cervello della
pianta, ed è il terreno che da la territorialità al vino. E se si parla di
sostenibilità, l’aspetto ecologico è solo una parte del discorso. Il bio in
questo senso è l’unità di misura della vocazionalità del territorio, vuol dire
sapere dove posso piantare e cosa, in modo che ci sia bisogno di fare il meno
possibile perché la pianta sia resistente da sola a funghi, malattie e così
via. Tra 10-15 anni sarà tutto bio, ma non quello dei “pelandroni”, dei vigneti
che non producono. Ma il problema vero non è il bio o non bio, ma la difesa
della territorialità. Ed in questo percorso, il vino, grazie all’appeal che ha,
ha una responsabilità enorme. Il vino è l’ultimo baluardo contro
l’agroindustria che tutto omologa e decentralizza, il vino è uno dei pochissimi
prodotti che si realizza tutto nella stessa azienda, chi produce risponde ad un
indirizzo con nome e cognome”.
Per Marco Pallanti, enologo, agronomo e produttore con
Castello di Ama, tra le più prestigiose aziende del Chianti Classico, parlare
di sostenibilità è anche parlare di proprietà e responsabilità collettiva, e
di rispetto: "quando si fa un vigneto brutto, usando materiali scadenti, si sta
deturpando il paesaggio che è collettivo. Parlare di sostenibilità è
pleonastico, il vigneto si gestisce come buon padre di famiglia, cercando
almeno di mantenere quello che si ha, che si è costruito o si è ereditato,e di
migliorare. Da un punto di vista più tecnico, poi, come hanno detto tutti, le
scelte varietali e i portainnesti da piantare in un determinato territorio sono
alla base di tutto. Anche perché serve ragionevolezza - conclude Pallanti -
oggi ci si possono permettere cose che 30 anni fa non si potevano fare per come
era tenuto il vigneto. Serve ragionevolezza per capire che si può usare meno
chimica se si fanno altri tipi di interventi. Le piste di sci ad Abu Dabi non
sono sostenibili, il senso di onnipotenza legato alla tecnologia è il rischio:
si può realizzare quasi tutto, ma va capito se ha senso o no. Mettere piante
che hanno bisogno di irrigazione in ambienti siccitosi si può fare, ma non è
sostenibile, per esempio. Tenendo fermo un concetto: Il nostro vino dovrà
essere sempre buono, ma deve portare con se sempre di più altri valori”.
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