A Orbetello. Carandini: quì la Via col vento dell'antica Roma. Villa residenziale ed agricola con grandi torchi per la produzione dell'olio e soprattutto del vino
Distese di grano, viti, olivi. Con una abitazione padronale arricchita da mosaici e sontuosi affreschi e tante basse casupole costruite sul modello delle porcilaie per le squadre di schiavi addette alla campagna
Costruita nel I secolo a.C. in Toscana, nella zona della colonia di Cosa, fra Capalbio e Orbetello, la villa romana di Settefinestre, di proprietà di Lucio Sesto, amico di Cicerone, era - racconta oggi l'archeologo e presidente del Fai Andrea Carandini - una sorta di Via Col Vento dell'antica Roma, con gli schiavi che lavoravano organizzati in squadre di 10 come fossero stati operai di un'azienda capitalistica.
A metà degli anni '70, uno scavo archeologico avviato nel contesto di un progetto più ampio di ricognizione del territorio dell'Ager Cosanus e guidato proprio da Carandini, ne ha restituito resti preziosi, tra cui mosaici e affreschi con sfondi teatrali e architetture fantastiche tipiche del II stile pompeiano, com'era la moda dell'epoca.
Meraviglie che per trent'anni sono rimaste nell'oblio, chiuse nei depositi della soprintendenza e che ora - grazie ad un accordo a tre firmato oggi a Orbetello tra Fai Maremma, soprintendenza archeologica della Toscana e Comune di Orbetello - verranno restaurati ed esposti, nella fascinosa Polveriera Guzman di Orbetello.
Di fatto, spiega Carandini, il primo passo di un progetto più ambizioso, intitolato 'Puntiamo i riflettori', che mira a realizzare nella cittadina lagunare un vero "museo del territorio" e per il quale saranno necessari altri finanziamenti. "Quello della Valle dell'Oro, dietro a Cosa - sottolinea l'archeologo - è un territorio molto ben conservato, dove si capisce com'era l'agricoltura romana".
L'idea è di ricostruire nel museo di Orbetello l'immagine della grande villa romana (i resti si trovano in un terreno di proprietà privata) e insieme di quel territorio, raccontandone la storia. Importante per la sua morfologia ancora più che per le decorazioni, la villa di Settefinestre era stata costruita in età repubblicana con una doppia funzione, residenziale e agricola.
Era molto estesa, disposta su vari terrazzamenti che risalivano dal muro turrito fino alla cima della collina dove sorgeva il corpo centrale della villa, appoggiata su un sistema interno di gallerie, detto criptoportico, che si aprivano sulla valle sottostante con degli archi, quasi delle finestre. Da qui il suo nome.
Il corpo centrale (pars urbana) era articolato in due quartieri, lussuosamente decorati da mosaici pavimentali, mentre nella pars rustica si trovavano gli impianti produttivi, tra cui grandi torchi per la produzione dell'olio e soprattutto del vino, sul cui commercio si basavano prevalentemente i proventi dell'azienda. Ampliata in età traianea, la villa venne poi trasformata e non sopravvisse all'età degli Antonini.
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