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Birra Artigianale: BB9 di Barley

Birra artigianale e uso della “sapa”. BB9 di Barley, quando il malto sposa la Malvasia 
Un seminario sulla birra artigianale, e guarda un po’, proprio all’interno di una rassegna degustazione vini, quella organizzata dall’amico Luigi Pizzolato, quel CapriccioDiVino in terra Toscana che ancora tante sorprese ci riserva



Il Birrificio Artigianale Barley di Cagliari, fondato nel 2006 grazie alla forte passione per le birre di elevata qualità dei due soci Nicola Perra e Isidoro Mascia, è una piccola e creativa realtà artigianale che si propone di inserire i suoi prodotti nella tavola della ristorazione di fascia medio-alta, secondo una linea di diffusione parallela al vino.

I birrai qui non hanno una tradizione da seguire e sono totalmente liberi di lanciarsi in ardite sperimentazioni, caratterizzate sempre più dall'impiego di ingredienti inusuali ma strettamente legati al territorio di produzione.

L’originale sperimentazione nell'utilizzo della sapa da vitigni autoctoni di Nicola Perra, sa raggiungere punte di assoluta finezza olfattivo-gustativa. 

La sua BB9, caratterizzata dalla sapa da uve Malvasia, è ricca nell'olfatto di note vinose, agrumate e di frutta esotica, passion fruit in primis, conferite dalla sapa e da un sapiente mélange di luppoli tedeschi, americani e neozelandesi che le regalano un bouquet unico, la BB9 sprigiona nel palato un fruttato davvero notevole, che prelude ad un retrogusto secco e decisamente amarognolo con persistenti punte speziate, pepate. 

Una birra questa da alta ristorazione secondo lo stile e la filosofia Barley, secca nel retrogusto con punte di freschezza e sapidità che oltre a pulire la lingua, contrasteranno l’untuosità e la pesantezza di cibi grassi e di marcata succulenza. 

L’ampio ventaglio della variegata gastronomia sarda ci permettono abbinamenti con la cucina sia di terra che di mare. Nel primo caso i primi piatti a base di carne come i culurjonis, conditi con ricchi ragù o la fregola con sugo di pomodoro, salsiccia e pecorino alla temibile, ma squisita pecora in cappotto. 

Nel secondo,  ottima con frutti di mare e pesce crudo, ma tenterei un accostamento ardito col pesce a scabecciu, difficilmente abbinabile ai vini. Temperatura di servizio:  10° - 12°C.

Un'altra nota di merito va alla straordinaria e super premiata BB10 dove viene utilizzata la sapa di uve Cannonau. La  naturale “vinosità” di questa birra ci ha accompagnato continuando il nostro percorso gustativo. 

Dall’olfatto caldo e sontuoso di caramello, cacao, prugna, amarena e uva fragola fino al palato ricco di caramello, cioccolato, liquirizia, prugna e mela cotogna nonché frutta secca dolce come fichi e uva sultanina. Un autentica chicca per tutti gli amanti di questa tipologia di birra. Pur essendo una tipica birra da meditazione da fine serata, a tavola sa accompagnare al meglio il rinomato bollito misto alla piemontese, un sapido pecorino, dessert al cioccolato e dolci alla ricotta. Temperatura di servizio: 14° - 15°C.

Tutte le birre sono non pastorizzate, non filtrate e rifermentate in bottiglia: una metodologia produttiva che consente l'affinamento della birra, rendendo i suoi aromi e sapori in continua e sorprendente evoluzione e conferendo al prodotto una digeribilità ottimale.

La sapa (mosto cotto)
La scoperta del mosto cotto è di remota origine (latino “sapa”). Nella Grecia classica il vino ed i mosti si cuocevano e non venivano mai bevuti allo stato puro; venivano conservati in anfore di terracotta e impermeabilizzati con resina. Da qui l’uso di bere vini resinati, tra i quali  erano noti quelli di Cipro, Rodi, Lesbo e Chio.

La Sapa viene descritta anche da Plinio in Naturalis Historia quando esamina le proprietà terapeutiche dei vini e da Columella De re rustica. Ovidio nei Fasti  cita la sapa: “… allora puoi ber dalla ciotola, come / da tazza, il bianco latte e la purpurea sapa”.

La si usava per dolcificare in sostituzione del costoso e raffinato miele. In epoca  romana  se la concentrazione del mosto era  di   2/3 del suo volume   veniva chiamato “defrutum”; se del 50%   “caroenum”; mentre se la concentrazione era di 1/3 o meno, veniva chiamata  “sapa”.  Apicio la usava in  una salsa per accompagnare le polpette. 

La sapa si preparava anche con altri frutti come  fichi, cotogne o altro. La “sapa” veniva impiegata per fare delle salse e con l’aggiunta della  senape diventava una mostarda ( dal latino “mustum”) e divenendo poi  ingrediente  immancabile in moltissime ricette.

Un prodotto che sopravvive ancora intatto in ogni casa di  Sardegna dove viene chiamata “saba”. Ingrediente indispensabile per preparare numerosi dolci (pane de saba, tericcas, pabassinos) e i sanguinacci dolci.

http://www.barley.it/

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