Gli "Incroci Manzoni" dell'omonimo Professor Luigi Manzoni
Il Prof. Luigi Manzoni, negli anni '30 del secolo scorso, presso la Scuola di Viticoltura di Conegliano, di cui era preside, cominciò una serie di sperimentazioni sulla vite tramite incrocio e ibridazione
di FRANCESCO CERINI
Le sperimentazioni tramite incrocio, si ritennero necessarie nell’ambito di un progetto di miglioramento genetico tendente ad individuare nuove varietà di uve che rappresentassero la sintesi di varietà autoctone e alloctone più adatte al territorio e più resistenti ai parassiti.
Non bisogna assolutamente confondere l’incrocio o ibridazione con le “mutazioni genetiche”. Mentre queste ultime sono prodotto di laboratorio, la prima è una pratica naturale che permette di fecondare il fiore d’una tipologia d’uva con il polline di un’altra, per ottenere così una nuova varietà d’uva con caratteristiche simili ai 2 genitori, ma anche caratteri propri.
Questo succedeva naturalmente nei vigneti una volta, quando ancora si piantava la vite per seme, ma neccessitava di molti anni se non decenni prima di sviluppare casualmente un risultato valido.
L’incrocio permette quindi di cercare in maniera meno casuale i caratteri desiderati e d’accelerare i tempi nella selezione dei risultati. Le sperimentazioni iniziarono con uve da tavola per poi passare presto a quelle da vino.
Alcuni di questi vitigni sono diventati di grande importanza per la produzione di vini "di qualità”. I più noti sono:
Alcuni di questi vitigni sono diventati di grande importanza per la produzione di vini "di qualità”. I più noti sono:
- Incrocio Manzoni 6.0.13 (Riesling Renano - Pinot bianco) noto come Manzoni bianco
- Incrocio Manzoni 2.15 (Glera - Cabernet sauvignon) noto come Manzoni rosso
- Incrocio Manzoni 1.50 (Trebbiano - Traminer Aromatico) noto come Manzoni rosa
- Incrocio Manzoni 13.0.25 (Raboso Piave - Moscato d'Amburgo) noto come Manzoni moscato
Manzoni Bianco 6.0.13
Dei suoi 382 ettari di coltivazione nazionale, che non incidono sulle percentuali di coltivazione totale delle uve da vino, circa il 70% sono nel Veneto, circa il 7% in Puglia, circa il 2% nel Lazio .
Il Manzoni Bianco 6.0.13 ha notevoli capacità di adattamento a climi e terreni anche molto diversi tra loro, preferendo quelli collinari, non compatti, profondi, freschi e fertili, ma una produzione contenuta.
Presenta un grappolo piccolo, conico o cilindrico, spesso con un’ala e mediamente compatto (il peso varia dagli 80 ai 150 grammi). L’acino è medio piccolo, sferico e di colore giallo verde, la buccia è spessa, piuttosto consistente, mediamente pruinosa e dal sapore aromatico.
Manzoni Rosso 2.15 incrocio tra Glera (prosecco) e Cabernet Sauvignon
E' il risultato di una combinazione errata effettuata tra gli anni 1920 e 1924: infatti per fecondare il Prosecco si era prelevato il polline dal Cabernet sauvignon e non dal Sauvignon bianco come previsto dal piano di incrocio.
Tra le piante ottenute, quella individuata come 2.15 fu subito ritenuta interessante, moltiplicata e piantata anche in aziende resesi disponibili alla sperimentazione.
La maggiore produzione è concentrata nel comune di Conegliano e zone limitrofe.
Manzoni Rosa 1.50 incrocio tra Trebbiano e Traminer Aromatico
Viene così definito dal Manzoni: "la vite N. 1.50 di Trebbiano x Traminer si presenta assai bene. Pianta di buona vigoria vegetativa, con foglie marcatamente pentalobate, glabre, color verde scuro, ha grappoli di media grandezza, un po' serrati, color roseo, con acini però a varie gradazioni dal giallo al roseo intenso.
Esistono pochi impianti di questo vitigno. La produzione non è abbondante, ma costante.
Vino pregevole per l'elevato sapore fruttato, intenso, dominato dall'aromaticità del Traminer e con buona sapidità e struttura.
Uva dalla buccia lievemente rosata che viene vinificata in bianco.
Manzoni moscato 13.0.25 incrocio tra Raboso del Piave e Moscato d'Amburgo
“Genitori”, un pò bizzarri il Raboso del Piave, varietà diffusamente coltivata nella zona del Piave ed una varietà di uva da tavola a bacca nera, il Moscato d'Amburgo.
L'autore così commentava la sua scelta: "si potrà sorridere per la scelta di questa combinazione assai strana. A me è sembrato però che per correggere la ruvidezza del Raboso potesse proprio andar bene il Moscato d'Amburgo che trasmetteva inalterati i suoi caratteri di finezza e dava discendenti vigorosi e produttivi…".
E' vitigno di buona vigoria e buona produttività. Tutta la produzione ora disponibile viene utilizzata per l'ottenimento di un vino frizzante, leggermente amabile che ricorda i piccoli frutti rossi maturi (ciliegia, fragola) vaniglia, agrumi maturi. Buon equilibrio tra le componenti tanniche, acide e amabili.
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