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Fare business, la retorica e le regole per comunicare efficacemente in pubblico

Parlare bene, saper comunicare in modo chiaro e convincente diventa sempre più importante per il business moderno. Ecco allora, per non sbagliare, alcuni consigli dei maestri sofisti dell'antica Grecia.




Tutti i più grandi oratori di ogni tempo l'hanno utilizzata. La troviamo nei discorsi dei Re, nei sermoni del teologo, nei dibattiti degli uomini di potere, nelle arringhe degli avvocati. Una lunga lista di "uomo eloquens" noti e meno noti, che molto spesso per loro beneficio, hanno in qualche modo fatto uso della "dialettica persuasiva" o dell'arte della dissimulazione che ne è un suo formidabile strumento. La Retorica è uno strumento efficacissimo e così oggi, come ieri, chiunque voglia ottenere credibilità e consensi in un suo campo specifico, se ne deve servire.

Personalmente mi capita spesso, per il tipo di lavoro che svolgo, di assistere a convegni e seminari dove a parlare è sempre un oratore di indubbia efficacia. Per essere ascoltati, per essere influenti e dunque convincenti, si servono della retorica. Fare una presentazione di determinati prodotti come ad esempio il vino, richiede capacità non solo tecniche o puramente descrittive, ma anche quelle di carattere relazionale. La legge fondamentale della retorica recita infatti che l’oratore – colui che parla o scrive per convincere – non è mai solo ma si esprime sempre in concomitanza o in opposizione ad altri oratori, e sempre in funzione di altri discorsi. Come anche, secondo il Principio di Teofrasto, non bisogna spiegare tutto in modo puntiglioso e prolisso, ma bisogna sempre lasciare all'uditore qualcosa da comprendere e da dedurre da solo, sentirà così più «suo» il ragionamento. I casi aziendali dovrebbero diventare una forma di storytelling, la convention uno strumento per emozionare e spingere all'azione, il punto vendita un espediente per parlare tramite i luoghi, mentre la manutenzione delle parole torna a vivificare i termini ormai logori dell'"aziendalese".

Di fronte all'esplosione della multimedialità e della comunicazione digitale, tuttavia, competenza nella materia, pulizia nel ragionamento, chiarezza negli enunciati e dominio della lingua rischiano di apparire insufficienti. Per gestire l'abbondanza dei segnali e il grande rumore di fondo occorre affiancare alla via logica (convincere razionalmente) e a quella psicologica (persuadere emotivamente) una terza via: quella creativa, basata sulla capacità di dare corpo a ipotesi soltanto intuite. Logicamente, va per scontato che, colui che ascolta, abbia almeno in parte una formazione tecnica di base per comprendere di cosa si parli, una preparazione che si evince molto spesso dalle domande poste dal pubblico al relatore. Così sempre più spesso, si assiste ad una caduta di professionalità, la quale si viene sempre più a confondere con un certo tipo di comunicazione di massa, dove il più delle volte i concetti vengono confusi o deformati.

Definizione di retòrica (ant. o raro rettòrica) s. f. [dal lat. rhetorica (ars), gr. ῥητορική (τέχνη)], è l’arte del parlare e dello scrivere in modo ornato ed efficace. Nasce nella Grecia antica ad opera dei sofisti, ovvero i sapienti, come vennero chiamati i filosofi del V° e IV° secolo a.C., essi cominciarono a dare lezioni di filosofia a pagamento, facendo di fatto, della filosofia, una vera e propria professione.

Con i sofisti la filosofia greca si apre definitivamente al grande pubblico, precedentemente infatti era una disciplina elitaria, chiusa ed esoterica e destinata ad essere esercitata in prevalenza dai maestri verso i soli allievi. Le finalità della retorica sono prevalentemente pragmatiche, come tecnica del discorso teso a persuadere (fu applicata infatti all'oratoria giudiziaria), viene successivamente ampliandosi nell'età classica e poi medievale e rinascimentale, come tecnica del discorso sia orale che scritto e con finalità anche estetiche, secondo un sistema di regole in cui fu organizzata, dapprima da Aristotele, poi dalla trattatistica latina d’età classica (Cicerone, Quintiliano) e quella tarda (Marziano Capella, Boezio).

Nel medioevo la retorica, la grammatica e la dialettica - di cui quest’ultima ha come scopo la dimostrazione e non la persuasione - costituivano le tre arti liberali (arti del trivio, in latino artes sermocinales), distinte dalle quattro arti reali (arti del quadrivio, in lat. artes reales), l’aritmetica, la geometria, la musica e l’astronomia.

Dopo una progressiva decadenza nell'età moderna, dovuta alla rivalutazione dei contenuti espressivi, la retorica ha riacquistato uno spazio rilevante nella linguistica e nella critica letteraria contemporanea, come teoria dell’argomentazione e come analisi delle realizzazioni lessicali, grammaticali e stilistiche, di testi scritti o anche orali, e delle loro funzioni espressive.

La retorica, nell'uso moderno, assume anche un valore decisamente spregiativo e che viene a manifestarsi con un modo di scrivere e di parlare ampolloso e risonante, enfatico e sostanzialmente vuoto, privo o povero comunque di impegno intellettuale, civile e morale.

La retorica, scriveva Pirandello ne L'Umorismo, è "il guardaroba dell’eloquenza dove i pensieri nudi andavano a vestirsi". Tutto è retorica come gli scritti o i discorsi privi di sincerità e impegno o di certi atteggiamenti dannunziani, dove un bel gesto è più frutto di retorica che di vero coraggio.

Ecco alcune regole per comunicare efficacemente in pubblico estrapolate dal sito dell'Associazione per la retorica. Di fatto è un decalogo ad uso di imprenditori con l'obbiettivo di convincere un potenziale investitore.

1. La legge fondamentale della retorica: l’oratore – colui che parla o scrive per convincere – non è mai solo. Si esprime sempre in concomitanza o in opposizione ad altri oratori (presenti o impliciti nelle credenze dell’uditorio), e sempre in funzione di altri discorsi

2. Costruire – come ci ricorda Cicerone nel suo De oratore – sempre un impasto indissolubile tra res e verba, tra argomenti e forme espressive; i fatti non sono più importanti delle parole e le parole non lo sono più dei fatti

3. Ricordarsi il principio di incertezza di Quintilliano: gli schemi o i metodi non possono comprendere la complessità del reale. Ogni tassonomia, catalogo di strumenti o metodo sarà sempre parziale

4. Iniziare sempre con la «captatio benevolentiae» («assumendo» anche uno specifico carattere – l’ethos – adatto all’uditorio) per ottenere innanzitutto la sua fiducia

5. Ricordarsi sempre che «Excusatio non petita, accusatio manifesta

6. Usare sempre i 3 “mezzi persuasione” (ethos, pathos, logos) enunciati da Aristotele

7. Usare il più possibile il Principio di Teofrasto secondo cui non bisogna mai spiegare tutto in modo puntiglioso e prolisso, ma bisogna sempre lasciare all'uditore qualcosa da comprendere e da dedurre da solo (sentirà più «suo» il ragionamento)

8.Ricordarsi dell’efficacia del principio del tre (è il «numero perfetto» di cose importanti da dire e ricordare): se è una è «indottrinamento»; se sono due è un suggerimento incompleto; se sono quattro, sono già troppi elementi da ricordare.

9. Usare – quando si è in difficoltà – il corax (una delle tecniche retoriche più antiche): l’apparenza inganna: quella che sembrerebbe la causa più naturale … non può esserlo … è troppo prevedibile

10. Ricordarsi l’importanza dello stile e la sua dipendenza sia dalla propria personalità (autenticità) che dal contesto in cui si comunica (per non essere «fuori luogo»).

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