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Ricerca, Coronavirus: identificati 2 ceppi SARS-CoV-2 circolanti

Una ricerca cinese ha appena identificato 2 ceppi SARS-CoV-2 circolanti: la prima forma (L-type), molto più aggressiva ed una seconda, (S-type) che risulta invece essere più leggera. Lo studio pubblicato su National Science Review.

Un'illustrazione del coronavirus, creata presso i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) © Smith Collection Gado Getty Images



Lo scoppio del nuovo coronavirus ha scatenato una serie di ricerche scientifiche volte a comprendere la microbiologia del virus (SARS-CoV-2) e le caratteristiche cliniche della malattia (COVID-19). Ora un team di scienziati del Centro di Bioinformatica, dell’Università di Pechino ha scoperto che sono 2 i ceppi del nuovo coronavirus circolante.

Attraverso l'utilizzo dei dati genomici disponibili in banche dove vengono depositate le sequenze genetiche del SARS-CoV-2, i ricercatori hanno condotto le analisi genetiche ed esaminato l'entità della divergenza molecolare tra altri coronavirus. Sono stati utilizzati genomi da 103 infezioni SARS-CoV-2. La scoperta è che sembrano esserci 2 principali tipi di virus in circolazione: S-type, più primitivo e legato ad un quadro clinico più leggero, senza sintomi gravi - ha colpito il 30 per cento della popolazione - ed L-type, che si è evoluto dal primo, molto più aggressivo che ne ha già infettato il 70 per cento. Insomma in buona sostanza, e forse c'era da aspettarselo, il virus è mutato velocemente adattandosi al sistema immunitario ospite, questa ricombinazione genetica ha dato origine al nuovo ceppo.

Quello che però si è reso evidente è che il contagio, avvenuto in maniera così massiccia, è dovuto alla presenza silente di S-type, e questo molto tempo prima che ci si accorgesse dei danni che la nuova patologia poteva procurare; i medici nel tentativo di fermare la forma più acuta, che di fatto si sta riducendo, hanno trascurato quella più lieve, che ha potuto così espandersi liberamente. Confrontando SARS-CoV-2 con altri tipi di coronavirus, i ricercatori hanno inoltre rivelato che la divergenza molecolare può essere più pronunciata di quanto si pensasse in precedenza.

Una buona notizia è che dalla metà di febbraio i nuovi casi in Cina sono in netto calo. E sono calate le morti in tutta la provincia di Hubei, l’epicentro della malattia. In tutt’altra situazione è invece il resto del mondo, dove si assiste ancora a un incremento esponenziale. Oltre 70 Paesi sono attualmente colpiti. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, il tasso di mortalità attualmente è del 3,4 per cento, ma il Center for desease control americano ritiene che possa scendere all’1 per cento, come quello della normale influenza.

La previsione non è semplice perché in questo momento non ci sono controlli sulle persone infettate che non vengono riconosciute come casi confermati. In pratica quelli che subiscono la malattia quasi senza sintomi, non vengono conteggiati nelle statistiche. Dunque il tipo leggero, che non richiede uno sforzo medico intenso, non viene considerato nel calcolo dei casi di mortalità.

Il problema è che chi subisce il tipo L-type può poi essere infettato dal tipo S-type, il che potrebbe spiegare i casi, come quello di una donna di Osaka e quattro operatori sanitari di Wuhan, in cui il coronavirus si è manifestato di nuovo. Un dato certo è che la guarigione non comporta anche una immunizzazione del virus. Le indicazioni infatti, anche alle persone che sono state malate, sono quelle di continuare a prendere le dovute precauzioni.

Se la forma S-type dovesse continuare a prevalere è facile immaginare che il virus non se andrà mai. Diventerà un nostro convivente, come molti altri virus, sempre però nella speranza che non subisca nuove mutazioni che lo portino improvvisamente a diventare di nuovo letale.


On the origin and continuing evolution of SARS-CoV-2
Xiaolu Tang, Changcheng Wu, Xiang Li, Yuhe Song, Xinmin Yao, Xinkai Wu, Yuange Duan, Hong Zhang, Yirong Wang, Zhaohui Qian, Jie Cui, Jian Lu.

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